Cos’è che spinge tanta gente a frequentare i luoghi virtuali? E, soprattutto, cosa spinge molti di questi volontari a dedicarsi all’accoglienza, al volontariato, al lavoro nei luoghi virtuali? Alla realizzazione di opere e alla gestione di manifestazioni, dedicando a questo il proprio tempo, la propria fatica e, spesso, le molte frustrazioni che a volte ne derivano?
Non è una domanda banale, perché in un periodo di declino di certi universi sintetici, come Second Life, è spesso difficile capire le motivazioni che spingono questi volontari. E, allo stesso tempo, è una domanda per cui sarà difficile trovare una risposta unica, poiché ognuno di questi individui segue un proprio percorso, una propria aspirazione. Però una cosa, a mio parere, li lega tutti: la voglia di cimentarsi in qualcosa di utile per altri e allo stesso tempo, di realizzare una parte, per quanto minima, delle proprie aspirazioni. C’è la voglia di affermarsi all’interno di una comunità, sentendosi unici, riconoscibili. Esiste poi, per altri versi e in altre faccende affaccendata, la schiera degli artisti, degli artigiani, dei professionisti. Quelli che hanno trovato nel Metaverso la possibilità di realizzare le proprie opere, i propri manufatti, che hanno trovato il modo di esprimere in questi ambienti la propria creatività, le proprie capacità artistiche. E sono molti, tra questi ultimi, che ne traggono anche una qualche forma di guadagno.
Le due categorie sono molto diverse tra di loro, ma entrambe tendono ad evidenziare un ruolo, una capacità, una qualità individuale, al fine di acquisire visibilità e riconoscimenti all’interno della comunità, in modo da ricavarne una vera soddisfazione intellettuale. Vedete quindi che tra il punto di partenza (la voglia di mostrare le proprie capacità) e quello di arrivo auspicato (un ruolo all’interno della comunità), il percorso è lo stesso che seguiamo nella vita quotidiana, nel mondo reale. Nulla di nuovo sotto il sole quindi, cosa c’è allora di così particolare da meritare una riflessione?
Le particolarità del Mondo Virtuale sono che, per lo più, queste comunità sono “chiuse”. E quindi un fallimento, una delusione, un cambio di strategia, piuttosto che spingere a cambiare direzione e a cercare altre occasioni di confronto, spesso spinge le persone a spegnere l’interruttore (o l’avatar), mettendo fine a una storia, a un’esperienza. Questa via d’uscita, che nel Mondo Reale può trovare drammatiche manifestazioni, è molto più facilmente accessibile nel Metaverso: basta spegnere l’interruttore, uscendo dal Mondo, oppure cambiare Avatar e ricominciare da capo. Una via d’uscita facile, e a volte persino rigenerante.
Questa possibilità rende però molto più facile interrompere un percorso che costa fatica, che ci crea frustrazioni e difficoltà, quindi è raro veder gente che persegue costantemente negli anni i propri obiettivi, incurante di delusioni e di fallimenti. Sarà anche per questo che Avatar di 10 anni di età, nel Metaverso, ce ne sono pochissimi. Eppure, questo aspetto del comportamento delle persone, in un Mondo Virtuale, non è per nulla un gioco, non segue strade diverse da quelle che seguiamo nel Mondo Reale. E chi è incapace di seguire un proprio percorso in un Mondo, difficilmente lo potrà fare nell’altro, perché il carattere di una persona cambia solo con le sconfitte, e con la voglia di migliorarsi. Se ci rinunciamo, e spegniamo l’interruttore, a cosa sarà servita questa esperienza?
Ho assistito ieri sera a una bellissima esibizione del gruppo “Incanto”, che da molto tempo lavora per la realizzazione di questi musical, con risultati molto soddisfacenti per Second Life. Ieri è stata la volta della riproduzione in Second Life di “Notre Dame de Paris” che tutti conosciamo. Questa gente ha lavorato per mesi per preparare questo evento, come loro stessi ci hanno raccontato nell’introduzione allo spettacolo: preparazione musicale, dei costumi, delle scenografie, ecc. Un lavoro davvero notevole. Perché lo fanno? Semplicemente perché gli piace, e la gente riconosce loro una capacità, un ruolo, un risultato. Vedete quindi che il primo insegnamento, nel Metaverso come nella vita reale, è che si riesce bene solo nelle cose che ci piacciono. Nessuna forzatura supera la mancanza di motivazione. E, invertendo i fattori, è assolutamente necessario fare, nel Metaverso, solo le cose che ci piacciono. Non bisogna assolutamente riprodurre le frustrazioni e le delusioni della vita reale, altrimenti spegnere l’interruttore sarà sempre una possibilità, e il segno di una sconfitta.