Il Vero Nome

Avrete tutti le tasche piene di “Snow Crash” di Neal Stephanson, lo citano ogni volta che si parla di Metaverso. Ed in effetti il termine “Metaverso” è stato inventato da Neal in questo romanzo. Per dirla tutta, è unicamente in relazione a questo romanzo che si può parlare di “Metaverso”, perchè tutte le piattaforme esistenti, che implementano i diversi Mondi Virtuali, non sono affatto “Metaverso”, se a questa parola dobbiamo attribuire il significato che il suo inventore le ha dato, di universo unico, onnicomprensivo e accedibile da chiunque al mondo attraverso una connessione.

E allora si sono inventati il passaggio intermedio, che cioè oggi siamo in presenza di tanti “Metaversini” indipendenti, come un momento di passaggio verso quello che sarà il METAVERSO futuro, in cui i metaversini confluiranno e andranno, finalmente, a formare il Metaverso di Neal Stephenson. Pura follia, per motivi più che evidenti, che solo i cantastorie si ostinano a negare.

Innanzitutto, mettere d’accordo tante piattaforme concorrenti tra loro per fondersi, o “interoperare” tra loro, sarebbe impresa velleitaria, perchè ci troviamo di fronte ad un mercato molto allettante per il futuro sviluppo dei Mondi Virtuali e delle relative applicazioni, e non si vede perchè le varie aziende che hanno investito nelle rispettive piattaforme, dovrebbero buttare tutto a mare e contribuire a esaudire le fantasie di Neal Stephenson. Il quale, poveretto, non intendeva altro che scrivere un romanzo di fantascienza, nel filone Cyberpunk, così come ha fatto William Gibson, nei suoi romanzi “La notte che bruciammo Chrome” e “Neuromante“.

In secondo luogo, avere un “Metaverso” onnicomprensivo sarebbe una grave prevaricazione verso la libera concorrenza e la corretta evoluzione del mercato, fino a prefigurare una specie di Grande Fratello universale, come quello creato nel romanzo di Dave Eggers “The Circle“, del 2013, da cui è stato tratto l’omonimo film con Tom Hanks ed Emma Watson. Ma poi, chi gestirebbe questo “Metaverso”? Chi sovraintenderebbe alle regole? Ci vorrebbe una organizzazione sovranazionale, una specie di ONU dei Mondi Virtuali! E i problemi di sicurezza, a chi sarebbero in capo, chi gestirebbe i cloud su cui il “Metaversone” sarebbe installato? Non scherziamo…

Vero è che è nata una organizzazione nel 2022, il “Metaverse Standar Forum” (https://metaverse-standards.org/), ma questa non ha affatto l’obiettivo di creare il Metaversone, bensì quello di cercare di favorire una cooperazione sugli standard, per una migliore e più ampia evoluzione del mercato. E comunque, le maggiori piattaforme non vi hanno nemmeno aderito, a riprova di quanto detto prima sulla libera concorrenza.

Restiamo con i piedi per terra, perchè le piattaforme che implementano i Mondi Virtuali si stanno sviluppando, in modo realistico e concreto, senza seguire balle e cantastorie vari. Molti progetti continuano a partire, specialmente su piattaforme “private” implementate da aziende e organizzazioni diverse. Purtroppo, questo termine di “Metaverso” ce lo dobbiamo tenere, perchè grazie alla spettacolare presentazione di Mark Zuckerberg dell’ottobre 2021 (https://www.youtube.com/watch?v=Uvufun6xer8&t=65s), è ormai entrato nella vulgata comune, subendo anche gli effetti negativi dei successivi disinvestimenti fatti dalla stessa Meta negli ultimi tempi, fino a far prefigurare da molti la “morte” del Metaverso, una cosa mai esistita cioè mai nata. Ma tant’è…

Vernon Vinge

Tornando alla letteratura, forse non tutti sanno che, se è vero che il termine Metaverso è stato inventato con Snow Crash, nel 1992, la nascita della letteratura dei Mondi Virtuali è da attribuirsi a Vernon Vinge, col suo romanzo “Il Vero Nome“, del 1981, solo che allora l’aveva chiamato “L’altro Piano” e non Metaverso, termine più immaginifico. E anche i romanzi di William Gibson sono precedenti a Snow Crash, essendo del 1982 e 1984. Insomma Neal ha fatto, guardandola a posteriori, una migliore operazione di marketing, e Mark ne ha approfittato alla grande!

Un saluto.

Realtà Virtuale

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by AquilaDellaNotte Kondor

Quando sentiamo il termine “Realtà Virtuale” il nostro immaginario corre subito a immagini di persone, con la testa immersa in un casco avvolgente, e con lunghe teorie di cavi applicati alle dita della mano, collegati ad una macchina computerizzata. E’ questa l’immagine che il cinema e la stampa hanno sempre trasmesso sulla Realtà Virtuale. Questa immagine, che risale ai primi esperimenti di realtà virtuale,  riguarda le modalità di interazione, tra uomo e macchina, in cui i diversi sensi vengono in qualche modo digitalizzati, riproducendo e simulando, in tal modo, sensazioni fisiche all’interno di un modello digitale con cui si interagisce. Su tale fronte la ricerca scientifica avanza a passi spediti e ci aspettano, a breve, degli sviluppi molto interessanti, con un campo vastissimo di applicazioni, come si evince anche dall’articolo apparso ieri sulla stampa: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/12/13/il-tocco-della-mano-finisce-in-un.html?ref=search.

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