E così, gradualmente, la nuova creatura di Philip Rosedale prende corpo. “High Fidelity” promette innovazione e nuove modalità di comunicazione con gli utenti, che i progressi tecnologici rendono oggi più alla nostra portata. In fondo, il vero handicap di Second Life, al di là delle insufficienze gestionali e di “vision”, del recente management, resta la ferraginosità dell’interfaccia, e la necessità di interagire con un software complesso e con server centralizzati. Tutte queste limitazioni potranno essere, parzialmente, superate da nuovo software (http://video.repubblica.it/tecno-e-scienze/second-life-il-ritorno-ecco-high-fidelity/167038/165525), con architetture peer-to-peer e sensori di interfaccia molto più efficaci di mouse e tastiera. Non è per domani certo, ma forse i primi prototipi ci saranno presentati prima di quanto immaginiamo. Nell’intervista rilasciata a “La Repubblica” Philip illustra le caratteristiche della sua nuova creatura, a cui si è dedicato completamente dopo l’uscita, lo scorso anno, dal board di Linden Lab, dopo che aveva lasciato già la carica di CEO un paio d’anni prima. Interessante, nell’articolo, il giudizio sulla Linden Lab dato da un’ex collaboratrice. E, se è vero che degli ex bisogna sempre diffidare, è altrettanto vero che le cose che dice sono le stesse che andiamo ripetendo da un paio d’anni: al management attuale della Linden Lab manca una vision, una prospettiva per il futuro. Senza voler gettare alcuna croce su Second Life, è legittimo vedere il futuro dei Mondi Virtuali orientato verso altre direzioni e, forse, con gli stessi antichi inventori. In bocca al lupo Philip!