Perchè è sbagliato parlare di “Metaverso”

L’hype creato intorno a questo termine, a partire dalla famosa presentazione di Mark Zuckerberg del 28 ottobre 2021, si è lentamente affievolito, lasciando però un notevole interesse verso le piattaforme virtuali, ma lasciandoci anche la mela avvelenata dell’utilizzo di questo termine improprio. Purtroppo, presi dall’entusiasmo, e con l’idea di sfruttare questo hype, anche i più avveduti critici ed esperti di tecnologia sono stati contagiati, persino quanti delle piattaforme virtuali avevano un’ampia esperienza. Si è carcato di cavalcare l’onda della notorietà di questo termine, ma si è fatto un danno notevole alla realtà delle cose, per quanto riguarda l’immagine di queste piattaforme.

Durante questo periodo di hype il termine è stato usato da chiunque e in modo approssimativo, dai crypto-speculatori, ai venditori di fuffa, dagli “influencer” un tanto al chilo a poco informati pseudo giornalisti, e chi più ne ha più ne metta. Si è venduto il nulla, e si è parlato di cose che non esistono, o, per quelle che esistono, senza capirle.

Perchè sono così radicale nel condannare l’uso di questo termine? Perchè ha fatto molti danni, e per diversi motivi, al futuro sviluppo dei Mondi Virtuali. Il rovescio della medaglia però, e va ampiamente riconosciuto, è che questo termine immaginifico, così come la presentazione fantasmagorica di Mark Zuckerber con Avatar e ologrammi danzanti negli uffici, ha risvegliato l’interesse del grande pubblico verso queste piattaforme, cosa che non si vedeva più dal lontano 2007, anno di boom di Second Life.

Dato questo riconoscimento, vediamo ora i danni a cui dobbiamo porre rimedio, per rendere più concreto e significativo l’impatto dei Mondi Virtuali sulla vita delle persone e sul business delle aziende.

  1. Il “Metaverso” non esiste. Se pensiamo a quello descritto da Neil Stephenson in Snow Crash, o anche all’idea che molta gente si è fatta, non esiste alcun ambiente virtuale unico e utilizzabile da tutti. Oggi esistono una molteplicità (più di duecento) di piattaforme di gestione dei Mondi Virtuali, ognuna con i suoi obiettivi, la sua governance e le sue regole. Per entrare in uno di questi Mondi Virtuali occorre avere un account specifico, diverso per ogni piattaforma, e i manufatti che vengono realizzati in-world non sono portabili dall’una all’altra.
  2. Stante le diverse piattaforme, non c’è alcuna possibilità di spostarsi dall’una all’altra, non esistono “teleport”, non esiste un account unico, non esiste ancora una “Identità” univoca dell’Avatar, nonostante la nascita del “Metaverse Standards Forum“, una organizzazione internazionale creata con lo scopo di favorire una collaborazione, abbia alimentato qualche speranza. Ed il futuro, molto probabilmente, continuerà ad essere questo, anche se una standardizzazione, almeno dei protocolli e degli standard (per la portabilità degli oggetti ad esempio), potrebbe favorire di molto la crescita di questo mercato. La concorrenza, e le rendite di posizione acquisite dalle piattaforme più diffuse, rendono molto difficile un futuro di apertura e di interoperabilità.
  3. Parlare di un qualcosa che non esiste rende vago e confuso il panorama del reale mercato, delle reali aziende che lavorano in questo settore. Fare di tutt’erba un fascio non aiuta a vedere con oggettività quale sia il reale stato del mercato. Si è portati a non scendere nel dettaglio delle singole piattaforme, per analizzarne pregi e difetti, e scegliere quale utilizzare, e quali caratteristiche ricercare per i propri progetti.
  4. Non avere idea delle diverse offering non aiuta neanche gli investitori, non aiuta chi deve decidere di spendere un budget per realizzare nuovi progetti, non rende “normale” un mercato che invece è molto concreto, pieno di prospettive e molto vivace. Non si rende giustizia alle aziende che ci lavorano. Insomma, un blog indistinto che offusca le reali potenzialità di questo mercato, e che non ne dà una immagine realistica.
  5. Parlare di un indistinto “Metaverso” non fa vedere neanche quello che c’è dietro dal punto di vista delle architetture. Non rende evidente, ad esempio, la differenza tra piattaforme con architettura decentralizzata e quelle che invece si basano su una gestione e una governance univoca. Non mette in evidenza pregi e difetti di queste architetture. E soprattutto, non consente di avere chiara e trasparente la differenza delle policies di sicurezza e di privacy.
  6. Dare l’idea di un “Metaverso” univoco è in sostanza un ostacolo allo sviluppo di questo mercato, e più si alimenta la confusione, più si scoraggiano gli investitori. Questo nuovo mercato ha invece bisogno di una visione di lungo termine, che renda accettabile il rischio dei nuovi investimenti, e che consenta la gestione di business plan realistici. Abbiamo detto che le normative non sono ancora completamente adeguate a questi nuovi sviluppi delle piattaforme virtuali, se poi si alimenta anche l’incertezza, o addirittura, se si confondono i Mondi Virtuali con quelli che sono i terreni delle scorribande dei crypto speculatori, allora il rischio è quello che, dissolto l’hype, resti poco di concreto su cui continuare a sviluppare queste piattaforme.

Il futuro dei Mondi Virtuali ha bisogno di avere un quadro più definito, con normative maggiormente adeguate, e con una fiducia crescente da parte degli investitori e delle aziende. E’ tempo quindi di lasciare da parte le fantasie e di parlare di progetti concreti, chiamando le cose con il proprio nome, e lasciando il termine “Metaverso” al suo posto, tra le fantasie letterarie di un autore di successo. E’ tempo di pensare ai progetti e alle applicazioni concrete, dando spazio alle tante aziende e ai tanti professionisti seri che lavorano in questo settore, scaricando il carro dai cryptospeculatori e dai venditori di fumo, che migreranno verso altri lidi lasciando spazio ai progetti e alle realizzazioni concrete.

Un saluto.

Nota: le immagini sono create con l’AI di MS-Copilot.

Parliamo di NFT, questi sconosciuti …

Una pillola di tecnologia digitale su un argomento di cui molti parlano senza avere un’idea chiara di cosa siano: gli NFT (Non Fungible Token). E’ molto semplice spiegarli, complicato capire come tecnicamente funzionino, ma di questo non ci occuperemo in questo articolo. Chi avesse voglia di capire il modello ingegneristico che c’è alla base può scrivermi o trovare infinite risorse sulla rete.

Un NFT è un’attestato di proprietà di un token digitale. Un oggetto digitale (di qualsiasi tipo), registrato su una Blockchain (solitamente Ethereum), in modo da renderlo unico, riconoscibile, e sicuro. Ad oggi la blockchain non è mai stata violata da hackers, ed è quindi ritenuta sicura e affidabile. E’ basata su di una architettura decentralizzata (distribuita su molti nodi, senza un gestore unico) che utilizza un protocollo Peer-To-Peer (P2P), come i vecchi Napster e eMule. Le vulnerabilità di una archietettura su blockchain sono nella gestione del “Wallet“, il portafoglio digitale in cui sono conservate le chiavi di accesso, e negli eventuali errori umani nella scrittura di codice per la creazione di “Smart Contract“, ma sono entrambe debolezze esterne, non della blockchain.

Un NFT può anche definire il numero di copie legittime di un token digitale, vendibili separatamente, ma comunque in un numero molto limitato. Ogni copia è naturalmente autentica, così come avviene per le serigrafie, per le opere fisiche, numerate ognuna come copia m di n (2/10 è la seconda copia di 10 create).

Un NFT creato da Mike Winkelmann, in arte “Beeple“, collezionando 5.000 post-it da lui creati giornalmente, è un’opera digitale che è stata battuta all’asta da Christie’s al valore esorbitante di 69 Million $. Molti sono stati infatti gli eccessi speculativi a cui abbiamo assistito, come la vendita di NFT di “Cryptopunks” o di “Cryptokitties“, immagini digitali divenute cult.

Se volete avere un’idea della capitalizzazione raggiunta da questi NFT, il più delle volte creati in intere collezioni, e delle quotazioni in tempo reale, basta andare sul sito seguente:

https://coinmarketcap.com/it/nft/collections/

Sul valore delle immagini digitali si può discutere a lungo, ma sarebbe come discutere del valore di certe croste fisiche, non digitali, anch’esse vendute all’asta e regolarmente acquistate. Del resto, questo è il mercato, l’incontro tra domanda e offerta, nulla di nuovo sotto il sole. La novità degli NFT è la possibilità di attestare in modo univoco la proprietà di un oggetto digitale, come ad esempio una immagine JPG scattata in un Mondo Virtuale.

Questo era difficilissimo fino ad ora, e qualcosa ne sanno gli artisti musicali, con la diffusione nel passato di MP3 pirata dei loro pezzi. Con la registrazione di un NFT si certifica l’origine e la proprietà di un token digitale, così come anche la sequenza di transazioni di compra-vendita.

Certo, esiste la possibilità che qualcuno vada su Open Sea, uno dei maggiori marketplace di NFT, e ne faccia una copia abusiva, ma sarebbe appunto una contraffazione, perchè il proprietario rimarrebbe quello che ha registrato l’NFT o che lo ha acquistato regolarmente, con una transazione registrata sulla blockchain. Il fenomeno della contraffazione è molto diffuso con gli oggetti fisici, dalle opere d’arte ai prodotti di marchi famosi, e l’utilizzo della blockchain anche per loro aiuterebbe a combattere questo fenomeno criminale.

Le immagini che ho riportato in questa pagina, ad esempio, sono immagini registrate sulla Blockchain Ethereum, della serie “Bored Ape Yatch Club”, questo qui sopra, ad esempio, è valutato oggi in 16 Ether, un valore pari quasi a 58.000 $ in valuta ufficiale:

https://opensea.io/collection/cryptokitties

E’ una esagerazione? Sicuramente, ma il nostro giudizio tuttavia è irrilevante, perchè esiste un mercato, e c’è gente che commercializza questi prodotti, il che vuol dire che gli acquirenti ci sono. Perchè li comprano? Per fini speculativi, soprattutto, sperando che il prezzo salga e che possano poi rivenderli con un guadagno. Del resto esistono acquisti allo scoperto per grano, petrolio, cereali, e nessuno se li fa recapitare a casa, sono solo movimenti di trading. Ma ci sono anche quelli realmente interessati all’opera in se, una piccola minoranza ritengo, viste le quotazioni a cui siamo arrivati, ed è il mondo del collezionismo.

Esistono poi tutta una serie di aziende che hanno “tokenizzato” i loro asset fisici, creando degli NFT che possono pei essere portati un in negozio fisico per il ritiro del bene acquistato. Sono state soprattutto le aziende del fashion a sperimentare questi token, ma anche del food e naturalmente del Gaming, con un successo notevole, visti i grandi marchi che sono rappresentati: Nike, Gucci, Dolce & Gabbana, Campari, Coca Cola, McDonald’s, ecc.

La normativa che riguarda gli NFT è ancora da completare, in particolare non sono ancora definite univocamente la stessa natura, e la forma giuridica degli NFT, che siano cioè dei prodotti finanziari, delle merci, o dei titoli. C’è ancora una discussione in corso tra gli esperti di diritto digitale, e occorrerà quindi attendere nuovi ulteriori sviluppi, che dettino delle linee guida più chiare per l’utilizzo pienamente operativo di questi asset, e per dare maggiori certezze a questo nuovo mercato.

Ho fatto anch’io, naturalmente, delle registrazioni di NFT su OpenSea, ed ho anche acquistato un paio di Cryptokitties, giusto per testare la catena di creazione-vendita-acquisto. E’ tutto visibile sul Marketplace, con la storia delle transazioni, i venditori e gli acquirenti. Se qualcuno, per esempio, volesse comprare un mio NFT, con il prezzo che io ho stabilito per la vendita, lo troverebbe qui:

https://opensea.io/collection/untitled-collection-3071590203

Naturalmente il mio è stato solo un caso di studio, ed il prezzo che ho fissato è quello che ho pagato per l’acquisto, poche decine di euro, ma tutti gli step sono stati correttamente eseguiti, per testare il processo di creazione e vendita.

La Blockchain (qualsiasi blockchain) è pubblica, sicura e immutabile, e il registro delle transazioni eseguite, dalla nascita della blockchain in poi (il “Ledger“), è distribuito in copia su tutte le migliaia di nodi della catena. Sono i nodi che elaborano le transazioni, certificandole e inserendole sulla Blockchain, ricevendo un compenso in cryptovaluta per il loro lavoro computazionale (e per l’energia spesa nel “mining“). Di blockchain ce ne sono tante, e la prima nata è naturalmente quella dei Bitcoin, mentre Ethereum è la blockchain più itilizzata per gli NFT, perchè è su Ethereum che sono stati implementati per prima gli “Smart Contract” con cui è possibile creare gli NFT. Tutte queste operazioni sono trasparenti per chi utilizza un Marketplace, ma è questa la tecnologia che c’è alla base delle blockchain. La Blockchain è oggi una tecnologia allo studio delle maggiori istituzioni internazionali, di banche, di operatori finanziari e di aziende, e che trova già molte applicazioni, in particolare per le Cryptovalute, Bitcoin in primis, ma anche per i diversi mercati di token digitali.

Un’ultima osservazione che vorrei fare è che un NFT sarebbe anche il modo migliore per “certificare” la proprietà di un Avatar, oltre che di un territorio nel Mondo Virtuale, creando quindi una sorta di “identità digitale” sul modello dello SPID, che possa consentire l’utilizzo di diverse piattaforme virtuali mantenendo l’univocità della identità dell’Avatar su tutte le piattaforme. Un piccolo tassello di “interoperabilità”, diciamo. Ma questa è un’altra storia … 🦅

NOTA AGGIUNTIVA:

Creare o comprare un NFT, e certificare così il diritto di proprietà di un’opera digitale, non ci mette al riparo da un utilizzo non autorizzato dell’opera. Certo, chi la dovesse copiare non potrebbe attestarne la proprietà sul mercato degli NFT, ma intanto potrebbe farne tutti gli usi non autorizzati che ritenesse. Si tratterebbe di una contraffazione di prodotto, come avviene per gli oggetti fisici, un fenomeno contro cui si lotta da sempre.

E’ bene ricordare che un’opera digitale rientra nella categoria delle “Opere di ingegno” e per un’opera di ingegno e la sua proprietà intellettuale esistono due tipi di diritto: il “diritto morale” che attribuisce all’autore dell’opera il diritto di rivendicare per sempre la paternità dell’opera, anche nel caso di vendita, e il “diritto patrimoniale“, per cui è possibile cedere ad altri il diritto di sfruttamento. Il diritto morale è tutelato, sul mercato degli NFT, con le royalties che vengono riconosciute all’autore ad ogni passaggio di proprietà.

Per tutelarsi anche legalmente dall’uso non autorizzato dell’asset, si può apporre un Watermark sulla foto e registrarne la proprietà presso gli enti competenti per il Copyright, o presso gli enti specifici per i prodotti d’autore (la SIAE in Italia per i brani musicali, ad esempio). Altra strada è quella di tutelarsi consentendo la diffusione dell’opera sotto una licenza Creative Commons (CC). In ogni caso l’autore va dichiarato sulla foto, con il Watermark contenete il nome dell’autore e la data di creazione, inserendo una filigrana visibile sull’immagine, o inserendola steganograficamente con un software, in modo non visibile.

Quindi, in sintesi, la definizione giuridica di un NFT ancora allo stato embrionale, ad oggi, non ci permette di tutelarne legalmente la proprietà, ma occorre seguire le norme giuridiche consuete per la protezione delle opere d’ingegno, qualora lo si ritenesse necessario naturalmente.

Fonti:

Copyright delle immagini: come tutelare le proprie opere sul web (ufficiobrevettimarchi.it)

Come tutelare la proprietà intellettuale? (laleggepertutti.it)

Giù le mani! Ecco i metodi per proteggere le tue foto online (fotocomefare.com)

Immagini reali o “artificiali” ?

Avrete notato che negli ultimi tempi sulla rete girano immagini di ogni genere, generate dai software di intelligenza artificiale (“AI”). Ce ne sono tantissime, dalle più grezze a quelle davvero bellissime, generate su nostra richiesta da questi software. E’ la nuova frontiera delle immagini digitali, e costituisce uno degli utilizzi oggi più diffusi di questi software di nuova generazione, cosiddetti “generativi“, come Chat-GPT, per intenderci.

Solo un cenno, davvero rapido, su come funzionano questi strumenti. Hanno sostanzialmente due componenti principali: un enorme Data Base, con tutto quanto hanno raccolto sulla rete, che serve come “base di conoscenza”, per ricercare testi o immagini analoghe prodotte in precedenza. Questo pone anche una serie di problemi: sulle autorizzazioni, il Copyright, la veridicità delle informazioni raccolte con questa “pesca a strascico”, eccetera. Non a caso si stanno elaborando delle regole, a livello internazionale, ed anche l’Unione Europea ha prodotto un AI-Act, per gestire questa e molte altre criticità poste dall’utilizzo di questi prodotti, come la certificazione delle fonti e la riconoscibilità di quanto prodotto dalle AI.

(Immagine generata dal Copilot Microsoft)

L’altra componente principale è basata sul Machine Learning, la capacità di “imparare”, con una lunga fase di “addestramento”, e di produrre risultati in modo autonomo, generando quindi cose nuove, in modo autonomo dal contributo umano. Ma la “generazione” avviene a partire dalle richieste che noi facciamo loro, dalla precisione e dalla mancanza di ambiguità di queste nostre richieste. Si pone quindi il problema di imparare a definire bene le richieste, a come produrre cioè i cosiddetti “patterns” più adatti. E da qui stanno nascendo nuove professioni e nuove competenze, che dovremo acquisire man mano, per usare al meglio le AI Generative.

(Immagine generata dal Copilot Microsoft)

Detto questo, come introduzione, si pone un problema enorme, quasi storico, che riguarda l’identificazione dell’origine di questi prodotti: testi, immagini, e ora anche filmati. L’AI-Act impone di dichiarare le fonti, ma da qui a vedere applicata questa regola, ce ne passerà di tempo… Anche perchè l’AI-Act, seppure già approvato dal Parlamento Europeo, ancora non è arrivato alla fase attuativa. E poi, pensiamo alla proliferazione a livello internazionale di questo tipo di prodotti: testi, immagini, filmati. Così come si assiste, da sempre, al fenomeno della contraffazione, anche per i beni fisici, figuriamoci poi per questi digitali. Ma la tecnologia ci viene in soccorso: una soluzione efficace sarebbe quella di creare degli NFT sulla Blockchain, anche se l’utilizzo di questi strumenti ancora non è molto diffuso, e trova tanti ostacoli e molti denigratori in giro per il web, a causa delle truffe in Cryptovaluta e delle speculazioni esagerate a cui abbiamo assistito ultimamente. Ne abbiamo parlato già in passato su questo Magazine, quella della Blockchain è una tecnologia ancora giovane ed immatura. E allora, nel frattempo, cosa facciamo? Come si fa a stabilire se l’immagine di sua Santità Francesco in piumino fosse vera, o prodotta da una AI (era falsa naturalmente, prodotta da una AI) ?

(Immagine generata da una AI, dalla rete)

Per pura curiosità, non perchè sia di facile utilizzo, vi voglio indicare il possibile uso della “Steganografia“. Termine oscuro, per il 99% degli individui, me ne rendo conto, ma proviamo a spiegarlo in due parole: la steganografia è la tecnica di nascondere delle informazioni all’interno di oggetti digitali di vario tipo: musica, immagini, ecc. Parliamo delle immagini, per rendere molto semplice la comprensione. Sappiamo tutti che una immagine digitale è composta da tanti “pixels”, microscopici quadratini, ognuno con il proprio livello di RGB: Red (rosso), Green (verde) e Blue. Per ognuno di questi tre colori fondamentali c’è una diversa intensità, indicata con un numero da 1 a 255. Quindi, se diciamo che quel pixel ha un RGB di 000:025:122, stiamo indicando l’intensità di ognuno dei tre colori fondamentali, che, mescolati insieme, danno il colore specifico di quel singolo “pixel”. Tutti i pixel insieme ci danno l’immagine, e quello che varia da una immagine all’altra è la “definizione”, e cioè quanti pixel compongono una immagine. Più pixels ci sono nell’immagine, più l’immagine è ben definita. Una immagine di 1920×1080 pixels, è meno definita di una con 384×2160 pixel, e più diminuisce il numero di pixel componenti l’immagine, più l’immagine si “sgrana”. Perdonate questa digressione tecnica, e torniamo alla Steganografia.

(Immagine generata dal Copilot Microsoft)

In una immagine tipo possiamo avere, ad esempio, 1920×1080 pixels (larghezza x altezza), questo vuol dire 2.073.600 di pixels, ognuno con la sua gradazione di colore, data dal suo RGB: un’enormità di informazioni, ma per fortuna ci pensa il software di gestione immagini a gestirla, e la scheda grafica ad interpretarla. Ora, se di questi milioni di pixels noi ne sfruttassimo alcuni (o anche tanti..!) per nascondere un messaggio, l’immagine non cambierebbe assolutamente per la nostra percezione, perchè molti pixels sono ininfluenti, non levano e non mettono nulla all’immagine nel suo complesso. Se ne sfruttiamo una parte per inserirci dei dati, “nascosti” per contenere un messaggio, ad esempio, per la percezione dell’occhio umano non cambia assolutamente nulla! E quello che abbiamo detto per i pixels delle immagini vale anche per i messaggi sonori, composti da una moltitudine di frequenze diverse, alcune neanche percepibili dall’orecchio umano.

E’ la tecnica utilizzata per mandare messaggi nascosti, spesso usata dalle spie o da soggetti malevoli, o anche per usi legittimi ma riservati, per passare informazioni. Questa è la “Steganografia“, in pillole. E questa tecnica potrebbe anche essere utilizzata per inserire una “firma“, un marchio che ne attesti l’origine e la proprietà. Una tecnica divertente e curiosa, e di non facile utilizzo (tranquilli, ci sono prodotti software che fanno questo, come OpenPuff, ad esempio). Naturalmente, questa tecnica è oggi ampiamente superata, sia dagli NFT sulla Blockchain che dalla Firma Digitale con chiave asimmetrica, chiave privata per firmare, e decodificabile unicamente con la chiave pubblica di un soggetto, in modo da attestarne l’autenticità. E’ la moderna “Crittografia a chiave Asimmetrica” (che differisce da quella a chiave simmetrica, che utilizza la stessa chiave sia per la codifica che per la decodifica).

Ma a volte, le vecchie tecniche dei nonni risultano più divertenti da usare, e la Steganografia è una di quelle. Per quanto mi riguarda, sono un sostenitore degli NFT su Blockchain, una tecnologia davvero geniale, ma nella vita occorre anche divertirsi..!

Un saluto.

(Nota: l’immagine in evidenza è generata dal Copilot Microsoft)

La storia siamo noi …

Se guardate alla destination guide del sito di Second Life, vedrete che è apparsa, come nuova destinazione da visitare, la “History” di Second Life, costruita nella land del Primitive Museum di Xerses Goff da Sniper Siemens (http://maps.secondlife.com/secondlife/Immaculate/140/202/22).

E’ un lavoro davvero straordinario, che racconta, pannello dopo pannello, a partire dal 1999 e fino al 2022, tutta la storia di Second Life (Sniper ha promesso di aggiornarla ad oggi …).

Scorrendo i pannelli, con le descrizioni e le immagini, accompagnate anche da qualche filmato su YouTube, quelli di noi che frequentano questo Mondo Virtuale da anni ripercorrono via via anche la loro storia personale, fatta di tante esperienze, e di tanti momenti che hanno contrassegnato la crescita di questa esperienza virtuale per milioni di persone.

Perché a tutt’oggi, nonostante l’evoluzione veloce della tecnologia, delle realizzazione di interfacce con i Visori di VR, e della Blockchain e degli NFT, Second Life rimane il Mondo Virtuale per antonomasia, quello in cui si vivono le esperienze immersive più coinvolgenti, di ogni genere, e che ha mantenuto la sua caratteristica di Mondo Virtuale fatto dai residenti, e per i residenti. Con la sua economia, i suoi creatori, gli artisti, i performer, le esperienze di volontariato, di education, e così via.

L’installazione si sviluppa su tre piani, mentre sul terrazzo c’è la storia della Burning Life. Ogni piano è costituito da un corridoio che si snoda a spirale, per ottimizzare gli spazi che ospitano i tantissimi pannelli, e alla fine del percorso a spirale, su ogni piano, c’è il teleport al piano superiore o all’ingresso.

Naturalmente, la nostra amica Sniper Siemens non ha realizzato tutto questo in poco tempo, ma è questo il risultato di un lavoro di anni, partito nel 2014 e portato avanti nelle varie edizioni del progetto LEA, e fino all’ultima esposizione, nell’ambito degli eventi realizzati per il SLB20, il ventesimo compleanno di Second Life lo scorso anno. Io scrissi un articolo nel 2015, su questo suo lavoro in fase di avvio (https://www.virtualworldsmagazine.com/la-storia-di-second-life/).

Ora, finalmente, questa esposizione trova una collocazione stabile, in mainland e accanto alla mitica Ivory Tower. L’installazione, al momento in cui scrivo, ha già visto quasi 900 visitatori unici in soli 5 giorni, con moltissime visite illustri e di esponenti della Linden Lab.

Chiunque sia interessato a questo Mondo Virtuale, alla sua storia, e a tutte le novità che ha introdotto nel corso degli anni, non può non visitarla, perché, quando il polverone del “Metaverso” si sarà diradato, Second Life emergerà come l’esempio più significativo di Mondo Virtuale, e sarà il punto di riferimento per ogni futura evoluzione delle varie piattaforme che stanno via via nascendo. Una curiosità: vicino al punto di atterraggio dell’installazione c’è anche l’Easter Egg dei primordi, rappresentato da un Hippo! Pare che esista in Second Life un secondo Easter Egg, ma finora nessuno è stato in grado di trovarlo. Provateci, e buona visita!

I Mondi Virtuali attuali

Quando parliamo di Mondi Virtuali ci riferiamo a quelle piattaforme di Realtà Virtuale che consentono l’accesso, tramite un proprio Avatar, a dei mondi persistenti, che sono creati su piattaforme online con l’ausilio di software di simulazione 3D, in modo da creare degli ambienti vivibili e utilizzabili per molti generi di attività, da quelle di gaming, a quelle ludiche, a quelle commerciali.

Di piattaforme di VR ce ne sono oggi più di 150, ognuna indipendente dall’altra, con un proprio ente gestore, e con i propri utenti. Non esiste interoperabilità tra le diverse piattaforme, e quindi non si può parlare di Metaverso. Questo termine è oggi soggetto a varie interpretazioni, ma se vogliamo essere fedeli a quella originaria di Stephenson in Snow Crash, si tratterebbe di un ambiente unico, in cui un soggetto digitale conserva le proprie caratteristiche, indipendentemente dalla regione in cui si trova.

Si potrebbe, in questo caso, parlare di figura giuridica dell’Avatar, unica e riconoscibile, anonima o meno, ma avente una propria “identità” digitale.

L’attuale panorama delle piattaforme di Virtual Reality.

L’anonimizzazione, o la pseudonimizzazione, sarebbe una scelta dell’utente, in base alle attività che svolge, e alle condizioni in cui si trova a vivere nella vita reale. Pensiamo ai giornalisti di inchiesta, ai dissidenti in paesi non completamente democratici, ecc. Nel caso l’utente svolga nel Mondo Virtuale attività di tipo commerciale, esportabili all’esterno della piattaforma, è evidente che debba essere identificato e poter usufruire del diritto di proprietà degli asset virtuali sviluppati in-world, e debba tutelarli, anche con procedure di copyright, conservandone il possesso o favorendone il passaggio di proprietà con la commercializzazione.

Negli ultimi anni molte di queste esigenze sono state risolte utilizzando la tecknologia Blockchain, che identifica, con un “indirizzo” univoco, l’operatore, il quale possiede delle chiavi crittografiche per effettuare le transazioni sulla blockchain, custodite in un “Wallet“, una specie di portafoglio elettronico.

Anche di blockchain ne esistono tante, a partire da quella originaria dei Bitcoin, nata da una geniale proposta tecnica del 2008 di un tale Satoshi Nakamoto, mai identificato. Ma l’utilizzo della blockchain per la gestione delle Cryptovalute non è quello che ci interessa in questa sede, ci interessa invece il salto tecnologico che, sfruttando la tecnologia Blockchain, ha consentito di sviluppare un mercato di asset, digitali o meno, di ogni genere mediante l’utilizzo di “Smart Contract“. La prima blockchain che ha fatto questo passo, ad opera di Vitalik Buterin, è stata, nel 2016, la blockchain Ethereum (https://ethereum.org/it/) ed altre ne sono seguite.

Le transazioni registrate su una Blockchain sono protette crittograficamente, non esiste una entità centralizzata che le gestisce (gestione “decentralizzata”), e sono immodificabili, dando ampie garanzie di integrità, disponibilità, e riservatezza.

La Blockchain serve quindi anche per la gestione degli “Smart Contract“, una tecnologia che viene utilizzata per certificare la proprietà e la commercializzazione di manufatti e opere digitali (o anche reali) utilizzando la tecnica degli NFT, “Non Fungible Token“.

Esistono poi piattaforme di commercializzazione di questi NFT, come la famosissima https://opensea.io/, che hanno consentito la nascita di un mercato notevole, di opere artistiche sviluppate in-world di ogni genere.

Un ambiente virtuale in Spatial.

Non tutte le piattaforme di gestione di Mondi Virtuali consentono una integrazione diretta con le blockchain e i mercati NFT. Ad esempio, Second Life non lo prevede, ma le piattaforme cosiddette “aperte”, come Decentraland (https://decentraland.org/), The Sandbox (https://www.sandbox.game/en/) o Spatial (https://www.spatial.io/), le includono, come componente essenziale per il loro sviluppo.

Molti avranno letto della corsa all’acquisto di terreni virtuali su Decentraland, o del fiorire di un mercato di opere d’arte in Spatial, la piattaforma preferita dagli artisti virtuali, e molte potranno essere in futuro le evoluzioni a cui assisteremo.

Un’ultima considerazione vorrei farla sulle modalità di accesso ad un Mondo Virtuale, dal classico PC con tastiera e mouse, ai visori di VR, come “Meta Quest” (https://www.meta.com/it/quest/quest-3/), o ai dispositivi mobile utilizzabili anche se siamo in giro e vogliamo accedere alle piattaforme in mobilità. Quello che vorrei dire è che non esiste una modalità “standard” di accesso ai Mondi Virtuali, perchè le esigenze, e le preferenze, sono diverse per i diversi utenti, e non tutti vogliono utilizzare un Visore VR.

Le varie tecnologie si affiancheranno, e saranno tutte utilizzabili, a seconda dello scopo e dei desideri dell’utente.

Una famosissima opera digitale di Beeple venduta per 69,3 Milioni di Dollari come NFT.

C’è poi tutto il mondo della Realtà Aumentata e della Realtà Mista, e sono tecnologie che ci consentono di aumentare le informazioni disponibili nell’ambiente reale, costituiscono un ponte tra la Realtà e la Virtualità. Uscirà prossimamente il Vision-Pro di Apple, e sarà un momento straordinario di cambiamento di paradigma, per l’accesso alle informazioni e ai prodotti digitali (https://www.youtube.com/watch?v=TX9qSaGXFyg).

Apple non ha annunciato ancora il suo ingresso nei Mondi Virtuali, ma il Vision-Pro ha già tutti i brevetti e le tecnologie necessarie a questo prossimo passo. Da notare che nel keynote al WWDC23, lo scorso 5 di giugno, non è stata mai usata la parola “Metaverso”, in contrapposizione ideologica con lo sbandieramento fatto da Facebook (ora “Meta“) nell’ottobre 2011: (https://www.facebook.com/facebookrealitylabs/videos/561535698440683/)

E’, in conclusione, un mondo digitale in grande evoluzione, e se aggiungiamo le potenzialità infinite dell’Intelligenza Artificiale, capiamo a quale trasformazione epocale stiamo assistendo. Un saluto.

Torniamo a parlare dei Mondi Virtuali

Come previsto, la bolla di sapone del cosiddetto “Metaverso” si sta sgonfiando, per due motivi soprattutto: da un lato, i cantastorie hanno trovato una nuova mucca da mungere, e ora la loro parola d’ordine è “Intelligenza Artificiale”, dall’altro la crisi di Meta, che è alle prese con un drastico ridimensionamento di personale, con un consistente numero di licenziamenti fatti e altri ancora da fare, ha dato un segnale inequivocabile sulla campagna mediatica che era seguita a partire dall’ormai mitologica presentazione dell’ottobre 2021 di Mark Zuckerberg.

La cattiva notizia è che, purtroppo, questo declino dell’Hype non è dovuto alla comprensione vera del modello di business da parte delle aziende, e ad una scelta di selezionare il meglio che oggi abbiamo sul mercato, spazzando il campo dalle chiacchiere e dalle esagerazioni, ma è dovuta alla paura di investire, e alle incertezze normative ancora esistenti. Per fortuna, alcune aziende lungimiranti hanno mantenuto un focus specifico sul tema, e spero che non seguiranno la corrente dei delusi ma manterranno i loro piani di sviluppo.

Nel Mondo Virtuale di SPATIAL

Detto questo, dobbiamo far notare che al di là delle buone intenzioni dei più avveduti, restano da risolvere alcuni problemi normativi, su aspetti che oggi riguardano le attività che si svolgono sulle piattaforme dei Mondi Virtuali.

Il primo problema è quello della Privacy. Già abbiamo questo problema con le attuali piattaforme di Social Networking, perchè oggi esiste un contrasto tra la normativa europea del GDPR (Regolamento sulla protezione dei dati personali 2016/679) , e la legislazione degli Stati Uniti che prevede la possibilità da parte delle autorità, di accedere a qualsiasi banca dati, se vi sono questioni di sicurezza nazionale che lo richiedano (Foreign Intelligence Surveillance Act par. 702).Il problema si aggraverebbe ulteriormante nella gestione dei dati utilizzati dalle piattaforme di Realtà Virtuale, che vede la mole dei dati aumentare considerevolmente, in base ad attività imprenditoriali e agli scambi economici. Non a caso l’Unione Europea sta già lavorando ad una revisione e integrazione del GDPR.

Il secondo problema è quello di una migliore regolamentazione della Blockchain e degli NFT. E qui non parlo di criptovalute, ma della tecnologia della blockchain, che è alla base della gestione sicura delle transazioni nell’ecosistema dei Mondi virtuali, e parlo anche degli NFT, che sono la tecnologia necessaria per proteggere la proprietà intellettuale degli asset sviluppati all’interno delle piattaforme.

Questi due aspetti si stanno già affrontando e ci saranno a breve delle revisioni nella giurisdizione attuale, quindi questo non deve spaventare le aziende, ma spingerle, piuttosto, a continuare a sperimentare e a proporre soluzioni all’interno dei Mondi Virtuali.

Personaggi in un Mondo Virtuale

Ancora per un bel pò chi decide di investire nei Mondi Virtuali (non parlatemi di “Metaverso” che sono allergico) deve scegliere una delle piattaforme esistenti (e sono tante) piuttosto che svilupparne una proprietaria, con tutto quanto ne conseguirebbe in termini di investimenti. Perchè oggi quello che esiste è una moltitudine di Mondi Virtuali, alcuni “chiusi” come Second Life, altri “aperti” che già prevedono l’uso di Blockchain (Ethereum) e degli NFT, come Decentraland e The Sandbox. Il mitico “Metaverso” esisterà quando tutti qusti ecosistemi potranno comunicare tra loro, richiedendo un’unica identità per l’Avatar, con il suo diritto alla proprietà intellettuale degli asset posseduti, anche mantenendo, se l’utente lo desidera, la sua presenza in anonimato.

Del resto “Metaverso” è il contraltare di “Universo”, ed entrambi non possono che rappresentare entità uniche. Quando il “Metaverse Standards Forum” stabilirà gli standard comuni, e le piattaforme potranno comunicare tra loro consentendo di loggare con un unico account, allora potremo avere una rete di “Virtual Service Providers” interconnessi, sul modello della rete internet su cui i Mondi Virtuali vanno a collocarsi.

Quanto ci vorrà? Credo che l’orizzonte temporale su cui basarsi debba traguardare ai tre-cinque anni. Ma, nel frattempo, sarebbe davvero da sprovveduti fermare lo sviluppo e la sperimentazione dei contenuti, e sedersi sulla riva del fiume. Perchè il futuro è già qui, e già abbiamo la tecnologia necessaria a gestirlo.

Un saluto.