Si può parlare di bellezza su Second Life? È una domanda che non mi ero mai posta.
O meglio, una domanda che secondo me non aveva ragione di essere, visto che nella nostra seconda vita siamo tutti fotomodelli, alti, senza cellulite, piega perfetta, nessuna sindrome da spogliatoio. Mamma (o papà?) Linden ci fa nascere già con un bel passaggio preventivo dal chirurgo plastico, tutto pagato, e quello che non si può risolvere prima della nascita, lo si risolve dopo.
Era una domanda che non mi ero mai posta, quindi.
Anzi, spesso ho fatto fatica a capire tutto questo stress da sfilata, siamo tutti belli, quali problemi potrebbero mai esserci. Eppure, poi, una volta che inizi ad entrarci dentro, al mondo del fashion (che tanto non si discosta da quello della real life, se non magari per i brand diversi e per la libertà di espressione che tanto ci manca per le strade… immaginate di andare al lavoro vestite con una tutina di latex), inizi a capire e a vedere tutte le piccole sfumature che dall’esterno non sono percettibili, o non vengono prese in considerazione.
Se è vero infatti che la bellezza è oggettiva, è anche vero che vi sono tantissimi dettagli tecnici da prendere in considerazione, come l’editing, o la capacità di abbinare gioielli capelli e skin ai vestiti, per dare loro più risalto. La partecipazione mista di modelle professioniste o “per caso” ha posto principalmente l’accento su queste differenze. Perché se è vero che un avatar preso per se stesso è bello, è anche vero che se si vanno a considerare “gli usi” che si andranno a fare con questi avatar, le sfilate di moda, si iniziano a notare quei piccoli difetti, o le manchevolezze, come le spalle troppo grandi rispetto al bacino ad esempio, o la presenza o meno di unghie – e su questo tema i bravissimi presentatori dell’evento, Terence Back e Veronik Broome, potrebbero scriverci un trattato, visto il successo che ha ricevuto l’argomento – o il colore diverso del piede rispetto alla skin.
Quindi la bellezza, nel campo fashion virtuale, è vero che è soggettiva?
Una delle occasioni per riflettere su questo argomento è il concorso che si sta attualmente svolgendo, Miss Italy Second Life, organizzato da Conte Enyo, noto stilista virtuale, che l’anno scorso era alle prese con “Miss Universe”.
Miss Italy 2010 ha visto la partecipazione di ben 45 aspiranti miss che, nel corso di 10 serate – al momento siamo alla settima tappa del 1 giugno – ogni martedì alle 22 hanno sfilato sulla passerella indossando vestiti di note stiliste quali Atelier Bonetto di Pidria e Cancer Bonetto, Jador Di Ziamela Loon, La Dulce Vida di Romi Dagostino, Gold in the night di Elisea Carter, Fashion Style di milla Rasmuson, Preciosity of style di Brenda Clellon e le scarpe appositamente realizzate dallo stesso Conte Enyo per il marchio “The King of Shoes”.
Le aspiranti miss hanno dovuto scegliere una skin ed un colore di capelli, da indossare per tutta la durata del concorso. Per le prime selezioni, in intimo, non potevano indossare gioielli, ma da subito hanno dovuto prendere confidenza con prims, colori, piedi sculpt, unghie e capelli al loro posto. Mano a mano che il concorso si fa più selettivo, diventa sempre più difficile scegliere perché le miss fanno tesoro dei commenti che accompagnano il voto dei giurati e alla selezione successiva di certo non si fanno trovare impreparate. Alla fine ne rimarranno solo 3, nella serata del 22 giugno, fra cui ci sarà la vincitrice, che porterà a casa oltre che lo scettro da Miss Italy anche 30 mila linden dollars.
Ma perché partecipare ad un concorso di Miss Italy? I motivi sono fra i più disparati, di selezione in selezione abbiamo imparato a conoscere le reginette: c’è chi ha partecipato per ampliare il proprio curriculum da modella, chi per fare una nuova esperienza, altre invece per mettere alla prova il loro lavoro sul proprio avatar. O ancora per puro divertimento, per conoscere l’ambiente della moda o per togliersi qualche soddisfazione rispetto alla real life.
Spasso si, come anche è vero però che prima di ogni sfilata il batticuore si potrebbe tagliare ocn un coltello: andrò dritta? Il mio avatar piacerà? Avrò scelto bene le unghie?
Ma tutte, more, bionde, rosse o castane, tutte hanno dovuto confrontarsi con il più temibile degli orrori: il lag. E qui potremmo aprire un capitolo a parte.
Interessante è anche la motivazione che Conte Enyo da sul perché organizzare Miss Italy (e a breve anche Miss Spagna e Miss Germania!). Tutto si basa su un annoso problema che vede alla base un divario che sembra incolmabile: le sim italiane e quelle straniere.
Ma che differenza c’è fra l’organizzazione di un evento in land italiane e in land straniere?
«La differenza – ci dice Conte Enyo – tra l’oranizzazione in Italia e all estero è che all’estero lavorano tutti in gruppo. In Italia tutti si credono “qualcosa” ma in realtà nessuno, o pochi, sanno fare nulla. Questo concorso di Miss Italy l’ho organizzato appositamente da solo, perché volevo dimostrare che anche noi italiani sappiamo fare qualcosa. Altri del campo credono che tu gli andrai a chiedere in ginocchio un aiuto e che non sei in grado di poterlo fare solo».
E come viene vista la moda in Italia, rispetto ai paesi stranieri?
«La moda in Italia su Second life viene vista zero. Un esempio banale: ci sono agenzie di moda straniere in cui una ragazza italiana pagherebbe anche 5.000 L$ per partecipare ad un concorso – o anche di più – solo perchè l agenzia è straniera (l’iscrizione al concorso di Miss Italy è costato 100 L$, ndr). In Italia non pagherebbe neanche un L$ per partecipare alla scuola di Moda Italiana.
Il problema è solo uno: noi Italiani abbiamo creato la moda in Italia in real life, ma qui in Second life non appare questo ma anzi, sembra il contrario. Le agenzie di Moda straniere e concorsi stranieri vengono molto più apprezzati dei concorsi o delle agenzie di Moda Italiani.
E il punto principale di tutto questo siamo noi Italiani che non crediamo in noi stessi, perché tutti vogliono creare qualcosa da soli senza affiancare altri che sanno anche il mestiere. E il risultato finale è che alla fine nessuno riesce a concludere nulla».
Sorge quindi spontanea una domanda: è vero o è un’utopia che si può fare di Second life il proprio lavoro? Meglio:le stiliste italiane vendono?
«Come Designs Italiani – conclude Conte Enyo – nessuno vende benissimo, mai alla pari con gli stranieri. Questo perché, ripeto, siamo noi stessi a portare alle stelle gli stranieri, andando a comprare da loro, andando ad imparare da loro. E questo butta giù il lavoro di noi italiani».
Partiti dalla bellezza, esiste o non esiste su Second life?, e arrivati al nocciolo: gli italiani riusciranno a credere più in sè stessi?