By Serena Domenici
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“Com’è arrapante il tuo avatar!” Me l’hanno detto ieri. Anzi me l’hanno scritto. Ma non è la stessa cosa? Forse sì. O forse no… Quanti me l’avrebbero “detto” in voice? E quanti lo avrebbero fatto a voce nella vita reale, e, soprattutto, che significato avrebbe avuto? Adulazione, sfacciataggine, menzogna, voglia di “provarci”, arroganza, volgarità, ironia? E in Second Life si possono semplicemente trasporre dal parlato allo scritto tutte queste sfaccettature lessicali e concettuali? Me lo sono chiesto quando ho letto (ascoltato?) questo “complimento” tutto particolare-ma-non-troppo. Si impone, a questo punto, qualche riflessione. Si è parlato spesso del no/voice, si/voice, all’interno del Metaverso, e dei vari Mondi Virtuali. In realtà ho sempre ritenuto che fosse un falso problema. Sono dell’avviso che sia una scelta del tutto personale. E che ogni tentativo di demonizzare o, al contrario, esaltare l’uso della voce sia un atto di “prepotenza”. Personalmente trovo comodo il voice: non mi va sempre di scrivere, e con gli amici più cari mi piace ridere e chiacchierare senza dover digitare sui tasti, a tratti in modo frettoloso e compulsivo.
Ho rispetto verso chi non lo usa per ragioni personali, relative al contesto “Real” in cui si trova, molto meno invece, per chi resta muto per potersi comodamente spacciare per qualcun altro/a. Non mi riferisco all’annosa questione di cambio di sesso. Se sul Metaverso a qualcuno piace sentirsi “altro” o poter essere “altro”, ritengo siano fatti suoi, soprattutto se rimane all’interno di un contesto virtuale senza implicazioni real life. Intendo approfondire, invece, il rapporto tra comunicazione e parola scritta, se su di essa si incentrano e si basano le relazioni interpersonali in Second Life. Questione di approccio, di metodo, di mentalità e, purtroppo, o per fortuna, a seconda dei casi, di stile. Invece, poco e meno approfondito è il discorso sull’uso della parola scritta. Mi scuso in anticipo se la questione fosse già stata dibattuta, ma, a meno che mi sia sfuggito, ho letto poco al riguardo. Si digita tantissimo in chat local o in “im” privati. Si scrive per comunicare, si scrive per rendere viva e palpitante la vita all’interno dei Mondi Virtuali. Si scrive in tutte le lingue e si scrive per necessità di proporsi e manifestarsi agli altri. Si scrive per dare e ricevere emozioni, si scrive per fare sesso virtuale, per litigare, amare, sognare, calunniare, spettegolare, lavorare.
Si scrive in modo sgrammaticato, colto, ricercato, confuso o poetico. Si scrive inventando ogni volta, e si scrive per stereotipi, slogan e luoghi comuni. Qualunque sia la ragione, la parola scritta è indubbiamente per molti il veicolo principale per scegliersi, “annusarsi”, valutare e cercare chi, per una serie di varie e spesso misteriose alchimie, più ci piace, o al contrario, chi proprio non ci aggrada. E chi ha la capacità di “leggere tra le righe” riesce a farlo con tempi più rallentati e pertanto con maggiori possibilità di discernimento rispetto a quelle che l’intuito e le sensazioni epidermiche, mediate dal linguaggio del corpo, possono regalare nella vita reale. E, al contrario del voice, la parola scritta aiuta i timidi e li rende audaci. Aiuta chi millanta nobili intenzioni e sentimenti, riesce a far sognare, se si ha il dono di scegliere con cura le parole, ma è capace di distruggere al pari di Attila chiunque incroci il suo “percorso”. Può essere un’arma o un dono, un pugnale o una carezza, una rosa o una spina. La scrittura parla di noi attraverso noi, che diventiamo gli artefici, non sempre consapevoli, di “giochi” di ruolo, che ci vedono di volta in volta vittime o carnefici. Sono certa, per esempio, che molta arroganza scritta trovi la forza di essere tale solo perché, al riparo da sguardi o inflessioni vocali, diventa l’arma principale di qualche imbecille (uomo o donna), che attraverso l’uso della chat, o di messaggi privati, crede che quattro cazzate scritte in maiuscolo possano avere il potere di intimorire gli interlocutori con i quali si rapporta.
Ci sono poi i beffardi (per non dire peggio…), quelli che ti sbattono in faccia risate sardoniche (secondo loro) “bannando” e “mutando” a più non posso, con annesso corredo di faccine doppie, triple e con salto mortale. E tu resti lì a ridere in Real Life, e a chiederti il perché la madre dei cretini sia sempre incinta. Ci sono i seriali, quelli che scrivono a tutti le stesse cose, usano direttamente il copia e incolla, e se li fai uscire fuori dal seminato, sono colti da crisi isterica e/o sindrome da impotenza. Un’altra ineffabile categoria è rappresentata dagli scurrili, che usano definire il loro prossimo con appellativi non proprio eleganti. Hanno la sindrome della troia a tutti i costi, e costi quel che costi. Se non gliela dai sei troia, se gliela dai sei troia lo stesso. Della serie: poche idee e confuse.
Ovviamente c’è l’analogo femminile: l’uomo se ci prova è un porco, se non ci prova è un coglione. Tutto ciò ha un vago (ma non troppo…) sentore di deja-vu Real Life, ma, si sa, non c’è mai nulla di nuovo sotto il sole, di idrogeno o di pixel che sia. I suadenti, poi … ah, loro sì che ci sanno fare: usano la parola danzandoci, sanno quali corde toccare e se alla fine ti prendono in giro sei pure contenta/o. Gli affabulatori sono i cugini larghi dei suadenti, e i parenti stretti dei seriali, ma conoscono più aggettivi e sono più furbi/e. Riescono a fregarti, però, solo una volta, la seconda sanno già di stantio.
Interessanti, inoltre, sono i profili. Ne parlai già tempo addietro: molti di essi sono per lo più citazioni prese in prestito e raccolte qua e là; il trionfo del copia e incolla da cui è difficile capire la reale personalità che viene fuori col tempo, se si vuole farla venir fuori e, soprattutto, se vale davvero la pena cercarla.
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E’ inevitabile, a questo punto, parlare di “menzogna” nel Metaverso. Difficile stilarne una definizione accettabile, e valida per tutti. La realtà virtuale è essa stessa finzione, sia pur entro certi limiti, e non dire tutto di sè, o dire cose non vere o fuorvianti, fa parte del gioco. Un gioco, però, che spesso si fa duro e coinvolge sentimenti ed emozioni “reali”. O che si fa illusorio o, se vogliamo, consolatorio, rendendoci più vivibile la vita reale, nei casi, e non sono pochi, che essa sia avara di soddisfazioni. E allora ecco che, mentire agli altri e mentire a se stessi, diventano due facce della stessa medaglia, non necessariamente intrise di malafede o cattiveria. Abbiamo bisogno anche di illusioni, “un po’ per celia, un po’ per non morir”. Ma nello stesso modo in cui la propria libertà finisce dove inizia la libertà altrui, la propria menzogna deve arrestarsi dove inizia l’altrui sofferenza. E le parole … bisogna saperle usare.
Ci sono parole che ti arrivano dentro e ti confondono, ci sono parole nelle quali credere aiuta a sopportare meglio la vita, ci sono parole che lasciano il segno e che scrivono la tua storia, al di là del tempo. Il Metaverso è un teatro di vita … E i ruoli sono interscambiabili. Ecco perché non potrà, a mio avviso, esserci un pensiero avatariano autosufficiente ed autoreferenziale. Siamo troppo coscienti e incoscienti per poter prendere le distanze dal nostro pupazzetto. Siamo noi, al di là dello schermo, a dargli il modo di agire e trasmettere input. Sono in pochi ad ammettere di avere una vita sessuale cerebrale all’interno di SL. In realtà solo una minoranza non pratica il cybersex. Fare sesso, mediante scrittura, è per molti l’unico modo per comunicare al proprio partner il desiderio. La letteratura, d’altra parte, è piena di opere erotiche, e sono convinta che il Metaverso, o le chat history, racchiudano dei veri e propri capolavori di Ars Amandi (Ovidio Docet). Quasi quasi, proporrei attraverso questo Magazine la pubblicazione in anonimato (i nomi degli amanti celati) non di racconti, ma di esperienze scritte di erotismo. Che poi non è tanto importante praticarlo, il sesso, ma renderlo desiderabile e perfetto attraverso le parole giuste al momento giusto. Il nostro cervello può godere in mille modi diversi e sublimi, tutto il resto sono dettagli. Pensateci: scrivere, soprattutto in anonimato, ci libera. Libera il meglio e il peggio di ognuno di noi. Sta a noi metterlo su “carta”.
@Ruvi, in parte condivido dei punti del tuo ‘discorso’ , soprattutto sul mentire…ma ogni argomento meriterebbe un capitolo a parte. Se fossi esaustiva su tutto, risulterei pesantemente prolissa.
Qui parlavo dell’uso del linguaggio scritto.
Che molti si indentificano o indentificano solo nell’avatar pulsioni varie ed eventuali è verissimo, ma non è la maggioranza.
‘L’emanazione della nostra psiche’, l’hai scritto tu…
Appunto è la nostra mente e resta sempre e comunque una nostra proiezione , poi quale ruolo fargli recitare ,resta una scelta sempre personale che può variare a seconda i casi e le voglie.
E poi, permettimi di dissentire su una cosa…tu dici:
”Per intergire in SL necessitiamo di un avatar. Esso puo’ essere piu’ o meno simile a noi, ma non sara’ mai “noi” per ovvii motivi tecnologici e filosofici.
Puoi dare voce al tuo avatar per cercare di renderlo simile e te, ma di fatto stai solo prestando la tua voce a qualcosa che non sei tu.”
Sul piano estetico sicuramente…E’ difficile trovare in giro bonazze o bonazzi simili ai nostri avatar.
La testa che li anima non è però un cervello artificiale, rimane sempre la nostra testa. Parlerà , agirà, mentirà o meno sempre animato da chi sta dietro lo schermo.
Resta una mia opinione certo , ma io la vedo così, anche se rispetto le idee altrui.
Grazie per aver espreso la tua opinione, spesso mi trovo d’accordo con te su altre questioni.
Ciao:)
Nel rapportarsi a SL secondo me ci si deve chiedere quale ne sia il centro. Domanda pretenziosa forse… Eppure la risposta e’ banale. Il centro di SL sono i suoi residenti, gli avatar. La parola chiave che tutti pronunciamo ogni giorno, derivante dal sanscrito…
[WikI]: “Avatāra è un sostantivo maschile della lingua sanscrita con cui si indica l’apparizione o la discesa sulla terra della divinità avente lo scopo di ristabilire o tutelare il Dharma…”
Per intergire in SL necessitiamo di un avatar. Esso puo’ essere piu’ o meno simile a noi, ma non sara’ mai “noi” per ovvii motivi tecnologici e filosofici.
Puoi dare voce al tuo avatar per cercare di renderlo simile e te, ma di fatto stai solo prestando la tua voce a qualcosa che non sei tu. Gli altri ti vedranno sempre in quanto avatar: un avatar loquace ma pur sempre un avatar. Se ti approcciano, lo fanno guardando le tue fattezze di avatar, ignorando quelle umane. Persino se metti la tua foto real nel profilo ti guarderanno l’avatar nel momento in cui vorranno fare del sesso, o danzare con te. Verita’… Menzogna?… Sono categorie da rapportare sempre e comunque al tuo avatar. Un avatar mente se dice che in real life e’ una donna quando in realta’ non lo e’, ma mente anche se ti dice che non ha fatto sesso con un altro avatar compreso nella lista dei tuoi friends, mentre in realta’ l’ha fatto eccome. Quale menzogna e’ piu’ grave? Potresti avere a che fare con un avatar iper-realistico, fedele in tutto e per tutto alle caratterische della persona che lo anima, un avatar con splendida voce umana, eppure tu sai che questo avatar NON e’ la persona con cui credi di parlare e se costui vuole vuole puo’ dissimulare la propria vita reale in centomila modi.
Tutto cio’ per dire che per quanto ci si sforzi di identificarsi con il proprio avatar, esso sfuggira’ sempre all’identificazione perfetta con te stesso. Il tuo subcosciente suggerira’ all’avatar di cercare di essere altro da te, sfruttando le occasioni che la tecnologia di SL offre.
In altro articolo, uscito contemporaneamente a quello che sto commentando, ho apprezzato la lucidita’ di Ev@ nel porre l’accento proprio su questo aspetto. La costruzione dell’avatar, il suo essere una forma d’arte, l’estetica insita nel creare una forma di vita virtuale, emanazione della nostra psiche.
Cordialita’, Ruvi