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Ultimamente si discute molto di identità dell’Avatar, ci sono stati vari dibattiti su questo tema, e ne ho anche accennato in un precedente articolo, a proposito del tema della diffamazione già discusso nelle scorse settimane. Addirittura si sostiene la possibilità che l’Avatar abbia una propria specifica personalità, diversa, e in gran parte separata, da chi “ci sta dietro”.
Non sono discussioni inutili, tutt’altro. Occorre tuttavia, a mio parere, portare la discussione ad un livello concreto, per poter cogliere l’effettiva novità di una rappresentazione della persona, caratterizzata dall’Avatar, che comincia ad assumere una propria precisa identità. Questa nuova identità si realizza muovendosi e lavorando, discutendo e partecipando, creando e progettando, in un ambiente che di virtuale ha solo l’apparenza, e in una comunità in cui gli interlocutori hanno anch’essi la propria specifica identità.
E’ indiscutibile che quando mi siedo davanti al Computer ed entro nell’ambiente virtuale sono me stesso e non un altro, con la mia cultura, la mia esperienza, i miei valori. Tutto quanto fa parte di me si manifesta nel mio Avatar, egli non è “altro” da me, sono io.
Tuttavia, l’ambiente virtuale, per le proprie caratteristiche, e per la possibilità di interagire con vincoli e assiomi un po’ “diversi” dalla vita reale, consente una serie di comportamenti e di interazioni che non avremmo la possibilità, la voglia, o addirittura il coraggio, di portare avanti nella vita quotidiana. Queste azioni, ovviamente, possono essere di diverso tipo, positive o negative. Si sviluppano capacità artistiche, relazionali, culturali, che per motivi diversi non siamo in grado, o non vogliamo, realizzare in Real Life. Tra queste caratteristiche rientrano, purtroppo, anche quelle negative, e a volte criminali. Ci troviamo in un ambiente, senz’ombra di dubbio, con molti meno vincoli al nostro comportamento.
Detto questo, per tracciare i contorni, e mettere dei paletti, alle fantasie e alle sciocchezze che spesso si leggono in giro, è importante guardare con oggettività a questi nuovi modelli di comportamento, consapevoli di avere di fronte personalità che non sono esattamente quelle che incontreremmo per strada o al bar, ed i cui comportamenti non sono sempre quelli che ci aspetteremmo nella vita Reale. Il fatto di avere meno vincoli (meno, non nessun vincolo…) rende le persone molto meno reticenti e più disponibili, ma apre anche la possibilità a camuffamenti, menzogne o slealtà di ogni tipo, poiché l’anonimato è uno scudo potente e rende le nostre inibizioni molto meno efficaci, in ambito di rapporti interpersonali. Cercherò di coinvolgere qualche amico psicologo in questa discussione, ma per il momento tentiamo di arrivare a qualche considerazione condivisa.
Sappiamo che quando incontriamo in world Tizia o Caio, dobbiamo prendere quello che ci dice, e i suoi comportamenti, con ampio beneficio del dubbio. I rapporti che si sviluppano servono a conoscere e a chiarire in gran parte i contorni della persona/avatar, ma resterà sempre un margine di dubbio, di incertezza, sulle caratteristiche della persona che abbiamo davanti, per interposto Avatar. A maggior ragione, se l’Avatar con cui abbiamo a che fare, mantiene, com’è suo inalienabile diritto, una netta separazione tra la sua vita virtuale e quella reale. Io non saprò mai se il mio amico Pinco Palla, residente del Metaverso, è nella vita reale un prete o un criminale, se mantiene il completo anonimato. Dobbiamo fare quindi i conti con un nuovo soggetto, che separandosi nettamente dalla sua vita reale, rinasce come Avatar.
Parliamo quindi di questa nuova entità che, in larga parte, “include” la nostra personalità reale, ma contiene anche altre caratteristiche, in gran parte presenti da sempre in noi stessi, ma spesso mai manifestatesi nella vita reale, positive o negative che esse siano. L’avatar a questo punto sviluppa una personalità alquanto diversa, in maggiore o minore misura, dal nostro io reale. I livelli di differenza variano notevolmente da individuo a individuo, ovviamente, e vanno da una totale identificazione, alla completa diversità, dal serio professionista che continua il suo lavoro nel Metaverso, come estensione della vita reale, al personaggio di fantasia, costruito interamente dal nulla e “nato” unicamente nel Metaverso.
Tornando quindi al punto da cui siamo partiti: chi è l’Avatar? L’Avatar è un personaggio che dobbiamo considerare a sé stante, non necessariamente espressione dell’io reale della persona.
Il grado di conoscenza che svilupperemo con questa entità servirà a delinearne i comportamenti nel Metaverso, ma mai la sua identità o personalità reale. A meno che non si esca dal virtuale e si entri nel mondo di tutti i giorni, come qualsiasi rapporto di amicizia o amore dovrebbe poter fare, se vuole vivere una realtà concreta e trasparente. Ma se restiamo nell’ambiente virtuale, dobbiamo sapere che l’entità che abbiamo di fronte, ha una sua propria identità, e che questa identità è data dai suoi comportamenti in world, non da chi è, o non è, nella vita Reale. Come ho già detto altre volte, sono i suoi comportamenti a determinare chi esso sia, e da qui nasce la vera carta di identità dell’Avatar: la sua reputazione. La reputazione è quindi il valore più grande che un Avatar possiede nel Metaverso, creata in anni di lavoro e di frequentazione, e soprattutto dalle cose che ha fatto e disfatto in questo mondo. Ricordiamocene quando incontriamo un Pinco Palla, e cerchiamo di guardare ai suoi comportamenti, e non alle chiacchiere o alle maldicenze, spesso gratuite, che si raccontano su di lui/lei, o a quanto l’Avatar stesso racconta in giro.
E come dicevo prima, lasciamoci sempre il beneficio del dubbio …
Forse non tutti sanno che SL è nato da un esperimento scientifico in campo psichiatrico.
All’ inizio, prima che la Linden Lab prendesse il controllo del progetto questo mezzo era usato per dare la possibilità a sofferenti psichici di ” vivere ” un altro io, in un mondo virtuale in cui tutto era possibile.
Questo è un aspetto profondissimo di SL che meriterebbe discussioni molto attente.
In più c’è anche la questione dell’ identificazione con l’ io avatar.
Argomenti molto interessanti.
Ma in genere evitati perchè pericolosi.
Mia cara Eva, fatta la domanda ti sei data la risposta, anche se poi a mio parere hai toccato aspetti talmente diversi che ognuno meriterebbe una discussione a se. Il mio pensiero è che la gente che frequenta il web, e anche i mondi virtuali (che, per quanto abbiano caratteristiche tecniche e sociologiche peculiari, fanno comunque parte del vasto mondo del web), siano nè più nè meno, le stesse persone che normalmente incontriamo in una qualsiasi comunità, per quanto piccola come SL. Di santi non ne ho trovati di certo, ma molte persone perbene si. Gente onesta, sensibile, intellettualmente stimolante. Ho anche incontrato, come tutti, fior di farabutti, e tutti noi ne abbiamo esperienza frequentando la rete. Quindi non vedo cosa ci sia da stupirsi in questa constatazione. Tieni conto che i comportamenti molesti, che violano la privacy e i ToS di SL, sono manifestati a diversi livelli e con diverse gradazioni. Un cracker che ostacola il lavoro su una sim facendola crashare ogni sera, una banda di ladri che si organizza alle spalle dei gonzi per rubare identità e denaro, sono semplicemente criminali. Non transigo su questa definizione, in quanto costoro violano la libertà, e le finanze, degli altri. Poi ovviamente parliamo di casi, e non è certo mia intenzione generalizzare, ma dobbiamo sapere che questi comportamenti in rete esistono, eccome, e dobbiamo imparare a difenderci. Era questo il tema del mio articolo. Spero di aver chiarito il mio pensiero. Un abbraccio.
Aquila, mi chiedo se è il caso, discutendo del metaverso, di inserire nei discorsi parole come “Tra queste caratteristiche rientrano, purtroppo, anche quelle negative, e a volte criminali”, periodo che contiene questo “criminali” che torna in un altra frase: “Io non saprò mai se il mio amico Pinco Palla, residente del Metaverso, è nella vita reale un prete o un criminale, se mantiene il completo anonimato.” Insomma, per due volte ricorre ‘sto benedetto “criminale”… non ti pare un vocabolo eccessivo? A me si…
Noto però che il tuo post di termini similari (cioè facenti parte della fraseologia del commento del reato) ve ne sono altre: nel tuo testo girano parole come “diffamazione” e anche “camuffamenti, menzogne o slealtà di ogni tipo”. Mi chiedo, che succede nel diabolico metaverso per usare espressioni del genere? La Linden è allo sbando e gli avatars imperversano nell’anarchia etica e sociale più sfrenata? Il wannabeismo ha rivelato il suo mostruoso obiettivo che alcuni lungimiranti (i famosi “semplici”) sospettavano da tempo che tutto ciò avesse?
Passami l’ironia ma, ora, se è vero che i vocaboli hanno il potere di dare una precisa inclinazione alla percezione del tutto (mi riferisco allo scritto, ovviamente) che idea ci si da leggendo un testo dove sbocciano questo genere di sostantivi? (Dico bene? Sono sostantivi?)
Ti faccio quindi una domanda diretta: quale è l’idea di umanità virtuale ispiratrice di tutto ciò? Ti faccio questa domanda perché l’idea che mi faccio io è che ci troviamo di fronte a un pensiero che propone dubbi inconsistenti, infati già brillantemente risolti da ebay e PayPal, realtà consolidate che sanno bene che in rete l’anonimato non esiste a meno che non stiamo a commettendo un preciso reato… che normalmente è punito, anche se non in giornata.
Quanto al comunicare tra utenti, lascio alla fantasia figurarsi in quale ventaglio di situazioni e quali insidie possa contenere un luogo dove gli interlocutori sono anonimi. Pensare che una società, per giunta americana, possa costruire un mezzo che offre possibilità in questo senso mi sembra, come minimo, da anime belle.
Tutto ciò detto, l’idea che mi faccio è che certi discorsi e certi termini esprimono solo generico disagio personale nel vivere una realtà finzionale come quella del metaverso. Poi, è mia opinione che in questi discorsi intendiamo del generico altro tra le righe che ha a che fare con un ipotetico rapportarci in modo sentimentale (tant’è vero che ogni paio di passi di discorso inciampi casualmente in un qualche aspetto sex delle “questioni filosofiche”). Pertanto è mia conseguente opinione che al riguardo di questo “tra le righe” abbiamo bisogno di riferimenti più precisi di un idea, uno spirito, un opinione che o non si capisce (ma non è un dramma), o si fa sempre finta di non capire (e nemmeno questo è un dramma).
In poche parole, non mi pare scandaloso stabilire che la testa (diciamo testa) delle persone non è la prima cosa ispiratrice del “sentimento” e, credo, nemmeno dell’ amicizia. Sopratutto tra i sessi. Solo che, se le cose stanno così, nel metaverso, le relazioni sono tra avatar (cioè userebbero l’avatar come prestesto) e non più ampia “poesia” o altre cose anche più complicate. Solo attrazione generata da quel qualcosa di fisico che l’avatar rappresenta, con il suo AO, la sua Shape, la sua Skin e i suoi Outfits. Anche i suoi soldi, in certi casi (ma non vorrei portare il discorso suillo scabroso che la materia “soldi” spesso implica).
Ci sarebbe perciò da discutere su come possano essere culturali la manciata di aspetti che cito, ma sarebbe lunghetta, come storia. E’ invece breve dire che secondo me è ovvio che quanto affermo io non costituisce “verità”. Anzi, ben venga che ogniuno abbia la propria opinione e, nello specifico, resta un problema dei singoli il parlare o non parlare in voice, dire o non dire il proprio o non propio nome-cognome-indirizzo-cell… e via discorrendo intorno a questo appassionante tema.
Eva, premesso che non siamo nel paese dei balocchi, quello che si trova in rete è esattamente quello che troviamo nel mondo quotidiano: santi e criminali. Il mio articolo faceva una disamina dei possibili comportamenti scorretti, e, tra questi, non è certo una novità che ci sono casi di scorrettezze o addirittura reati. Perchè ti stupisci? Ovviamente sono casi estremi, ma come definiresti lo stalking, la pedofilia, i furti di identità o di denaro? Sono reati. Punto. Detto questo non voglio affatto dire che la rete è pervasa da questi comportamenti, tutt’altro. Ma il mondo è fatto così, prendere o lasciare. Ciao.
Santi e criminali? Che visione manichea. Magari fosse cosi. Capiresti subito chi è il cattivo della storia: hai presente Darth Vader? Ecco, lui è il criminale! Invece in SL, come nella vita reale, abbiamo le classiche “50 sfumature di grigio” (tanto per citare un libello sul BDSM). Ed è proprio sulle sfumature che si gioca il fascino di un’esperienza in SL. Viceversa se ne può fare a meno e accendere la rassicurante tv (?). Mi chiedo inoltre come diavolo sia possibile verificare la “reputazione” di un avatar, magari se una sera fa il furry, la sera dopo la vampira e la successiva la mistress 🙂 Non sarebbe più semplice calarsi senza troppe remore in quella che è e resta prima di tutto un’esperienza sensoriale audio video? (Ma chi parla dell’amore dai…). Ah io cmq sono la classica “cattiva” in SL e credo di avere l’FBI alle calcagna da un po’. E la mia reputazione è pessima laggiù.
Era un’immagine figurativa Ruvi, tranquilla, non ho mai incontrato Santi in SL …
Scusa se insisto, Aquila, ma siccome esiste solo ciò che viene raccontato, vorrei chiarire, anche al riguardo del “mondo virtuale” che frequento, questi aspetti negativi cosa sono.
Al di là delle parolone negative, se parliamo di rete in generale, quel che umanamente si trova è, a mio avviso, un buon 99% di persone assolutamente normali che in qualche modo vi riflettono i vizi e virtù del loro, nostro, tempo. Al di là dei discorsi sul presunto “falso”, “immaginato”, “inventato” e “wannabe” propinato da menti sempre (ma che strano!) sospette se -guardacaso- indipendenti dai modelli narrativi televisivi oltre i quali avverto la tentazione di proporre l’ipotesi che esista tutto e il contrario di tutto.
Quindi, tornando a noi, sulla presenza di santi non ci giurerei mentre i più terreni criminali, che io sappia, vanno sul concreto: non ho infatti mai sentito né di gente assassinata via web, né di rapine (tantomeno con vittime) effettuate tramite il mezzo elettronico. Ricordo però un numero comico che proponeva la rapina via fax: il rapinatore mandava a una banca la fotocopia di una pistola con sotto la scritta “datemi tutti i soldi” e dopo pochi secondi gli arrivava, in risposta, la fotocopia di un paio di manette.
La mia polemica è per via del fato che il tuo post è intitolato “E venne l’avatar…” e, verosimilmente, mi aspettavo che si parlasse di “mondo virtuale” e non di generico “web”. Le due situazioni hanno caratteristiche in comune ma non sono esattamente la stessa cosa. Il web contiene veramente di tutto e certamente anche zone oscure ma il cosiddetto mondo virtuale no: è gestito da una società privata ben concreta che soddisfa certi requisiti soprattutto normativi che non devono essere da poco. In poche parole, il web è uno spazio che può contenere cose di ogni genere sul quale controllo si sa che si discute in alte sedi. Il “mondo virtuale” è, molto verosimilmente, dal tutto sotto controllo.
Detto questo, io considero semmai “un pasticcio” fare discorsi dove questi due aspetti sfumano uno nell’altro, tendo inoltre a definire capzioso un certo fingere di non capire quali sono, rispetto al metaverso, gli aspetti comuni al web e quali no. In poche parole, io non credo nell’ignoranza di chi frequenta certi luoghi che implicano tecnologie sofisticate. In parole ancora più povere, penso che chi ama la campagna e gli spazi aperti tutto fa tranne che andarsene per esempio a bloggare: se ha tempo libero va, come minimo, a cercare funghi. Il giorno che incontreremo quest’individuo in chat vuol dire che hanno probabilmente inventato una tastiera tipo “pic-nic” da stendere sull’erba e che si aziona saltandoci sopra come quell’accessorio dei giochi in consolle.
Scherzi a parte, un aspetto certamente universale -quanto a sicurezza con l’approccio con internet e annesse situazioni sociali- possiamo trovarle nell’ABC che troviamo nel sito della polizia di stato. Tra le varie raccomandazioni c’è quella rivolta ai genitori di tenere sotto controllo la navigazione (internet) dei figli minori e quella (valida per tutti) di “non diffondere i propri dati personali nel web”. Posso solo commentare che le implicazioni sono evidenti come è altrettanto evidente che esse sono altrettanto valide nelle interazioni del “mondo virtuale”. Esso infatti non si tratta di un luogo grafico in 3D dove con l’avatar vai a cercare la bacheca dove trovi il nome dell’elettricista del tuo quartiere o l’elenco delle farmacie di turno nella tua dannata grande città. E’ un luogo di fantasia e certe fantasie possono essere fraintese.
Non sono invece affatto sorpresa che nel web (sottolineo “web”), visto che vi si fa commercio, è possibile che troviamo dei truffatori che possiamo definire “criminali” in quanto la truffa è un reato ed essi deilquono. Ma cosa possiamo dire in proposito? Giusto fare del “pour parler”, visto che di loro già si occupano le polizie di tutto il mondo, opportunamente strutturate e dotate di “certi mezzi” tra cui, immagino, anche la collaborazione di onesti cittadini (che abbondano anche se forse sono considerati poco fotogenici dalle telecamere), dei providers e di altre aziende varie che per essere in internet hanno poco o nulla da nascondere: si tratta di attività assolutamente legali che soprattutto incassano pagamenti assolutamente tracciabili. Poi che questa “tracciabilità” non dica nulla può avere anche sostenitori di alto livello. Non mi sorprende: ricordo che l’ex-ministro Tremonti ritirava in contanti i suoi compensi. Scusami ma io amo divagare.
Tornando al metaverso -rispetto all’ABC di cui dicevo poco fa- affermo quindi che NON SONO CERTAMENTE IO a parlare di “anonimato” o di “nascosto dietro il monitor” all’indirizzo di chi NON divulga i propri dati reali. Può essere, questa, una mia caratteristica che può fare reputazione come fanno -per altri- reputazione i commenti sinergici a quella scuola di pensiro cui NON appartengo e che suonano a base di “in fondo che male c’è?” oppure di “io non ho niente da nascondere” sentiti qui e là: questi e non altri sono, per me, le insidie del “web”, in quanto questi atteggiamenti ammorbidiscono le difese di chi è abbastanza ingenuo da fidarsi.
Ma noi preferiamo parlare di astrazioni e allora attorno non c’è che stalking, pedofilia, furti di identità o di danaro. Il nostro qualcosa “tra il gioco e l’interesse intellettuale” diventa un qualcosa in prima battuta losco e si avvilisce l’opinione di chi considera le persone, in prima battuta, oneste.
Tutto ciò detto, spero che la mia opinione in proposito sia chiara. Aggiungo infine che chi prosegue a pronunciare frasi come “io sono un personaggio vero mentre tu sei un personaggio falso” a questo punto, penso che più che di discorsi culturali abbia bisogno di un buon dottore.
L’avatar puo’ essere un estenzione dell’Io ma non sempre ,forse puo’ succedere all’inizio quando bene o male esiste un identificazione in cio’ che hai appena creato ma con il tempo acquisisce una vita e una personalita’ a se stante,in particolar modo se fa cose che abitualmente tu non fai nella vita quotidiana.Nel mio caso personale subentra un meccanismo di acquisizione di atteggiamenti che non sono riconducibili alla mia RL perche’ segui un itinerario che ti e’ sconosciuto,io faccio fotografie cosa che poco a che fare con la realta’ quindi quando entro IW ragiono di conseguenza ,sono Paola Mills e non Paola Bianchi, non cambio la mia personalita e il mio carattere per questo,ma l’avatar rimane un Avatar e basta.
Io credo che Aquila volesse dire altro e condivido in gran parte il suo scritto. Ne abbiamo parlato tante volte ultimamente.
Molto presto con Eviana Robbiani terrò un dibattito sull’argomento e quindi non voglio troppo anticiparmi. Di certo so, che l’avatar è un’estensione del nostro IO al di là dello schemo. Estensione che può liberare e libera quello che spesso nella vita real life non è possibile. Ma è un discorso tutt’altro che riduttivo. E si presta a tante considerazioni ed elaborazioni. Il fatto di rivelare o meno la propria identità è altro a mio avviso e fa parte di scelte personalissime.
Ma pensare che l’avatar sia un pupazzo senza burattinaio è impossibile e anacronistico.
Altrimenti il Metaverso sarebbe solo Paradiso e sappiamo benissimo tutti che non è solo sogno, a tratti può diventare anche ‘incubo’.
Cos’è l’avatar ? eheheheh
L’avatar è una identità virtuale creata esclusivamente per interagire in un mondo virtuale.
Questa à l’unica definizione certa che possiamo dare. Il fatto che un persona poi decida di rivelare chi è nella vità reale o di non farlo è, come giustamente ha detto Aquila, un suo inalienabile diritto.
Ma anche sapendo chi ci sta dietro saremmo poi cosi sicuri di conoscere veramente la persona e di poterci fidare ? Spesso non si conoscono veramente nemmeno le persone che abbiamo davanti tutti i giorni e pretendere di farlo in Second Life mi pare quasi un’utopia.Il dubbio rimarrà sempre quindi io non puntualizzerei troppo su questo fatto ed accetterei chi mi trovo davanti in Second life per quello che la sua reputazione dice (se ne ha una).
Ovviamente ci possono essere delle eccezioni se una persona è conosciuta e stimata anche in real life. Su questo punto posso citare l’esempio della foto di questa articolo di Anshe Chung la giapponesina diventata milionaria con SL vendendo servers oppure del nostro amatissimo Richy Ryba aka Riccardo Rivarola il “Pinocchio nella rete” purtroppo scomparso pochi mesi fa che usava il metaverso a scopo didattico.
Per alcuni l’avatar è uno strumento per insegnare (anche a se stessi alle volte) , altri lo usano per imparare, per dare fastidio, per divertimento, per “staccare” un’oretta dalla real life etc etc. Sono tutti motivi più o meno validi e sacrosanti e dobbiamo accettarli per quello che sono..poi come dicevo prima la reputazione e l’onestà non si comprano ma si dimostrano.