Il problema delle interfacce dei Mondi Virtuali

Tra le tante diatribe che aleggiano sul web, nel tentativo di dare una definizione al “Metaverso“, quello della questione interfacce ha assunto un certo interesse. La diatriba è alquanto inconsistente, e va inquadrata nei tentativi, velleitari, di dare una veste di concretezza cercando una esatta definizione di un termine, il “Metaverso” appunto, puramente di fantasia, nato dalla penna di uno scrittore. E’ una delle tante battaglie che non andrebbero mai combattute, perchè basate sul nulla, e che hanno contribuito a dare un’immagine poco chiara dei Mondi Virtuali, ostacolandone l’adozione presso aziende e altre organizzazioni. Lasciando da parte queste discussioni, vediamo però l’aspetto pratico della questione, perchè l’accesso ai sistemi virtuali è importante, dal punto di vista della usabilità e della facilità d’uso di queste piattaforme.

Evidentemente, l’aspetto “immersivo” è fondamentale nella User Experience dei Mondi Virtuali, è quello che contraddistingue questo tipo di esperienza rispetto al web tradizionale, ma da qui a definire un’unica modalità di accesso come legittima, rappresentata dai Visori VR come Meta Quest e Visual-Pro, ce ne corre. Le esperienze d’uso devo essere diversificate, a seconda del contesto e delle esigenze degli utilizzatori. Questo aspetto è fondamentale, perchè il problema che abbiamo oggi, per allargare l’utilizzo dei Mondi Virtuali, è quello di facilitarne l’uso, adeguandolo alle esigenze più diverse. Per decenni l’accesso ai Mondi Virtuali, per gioco o per attività progettuali, è avvenuto utilizzando i classici strumenti di schermo, tastiera e mouse, perchè erano i soli strumenti disponibili. L’introduzione di Oculus Rift nel 2016, da parte della Oculus VR, poi rilevata da Meta, è stato un passo in avanti notevole, subito messo in pratica dalla Linden Lab con la creazione del suo mondo virtuale Sansar nel 2017. E’ uno strumento questo che consente una completa immersività, ma prevede anche diverse controindicazioni.

I limiti di questo strumento sono non solo il costo, ancora non alla portata di tutti, ma anche le modalità di fruizione. Molte persone, infatti, non trovano affatto agevole indossare un Visore di VR per un tempo prolungato, alcuni soffrono anche del cosiddetto “Motion Sickness“, un disagio che può portare a disturbi di equilibrio e a sensazioni spiacevoli nell’uso. E’ un problema limitato a poche persone, che non riescono, per motivi diversi, ad abituarsi all’uso. E’ un problema da non trascurare. A parte il disagio fisico, è poi anche più difficile utilizzare strumenti di lavoro e di produttività indossando un Visore, è difficile usare prodotti software, fogli di lavoro, interrogazioni a Data Base, ecc. Ed è a volte spiacevole, o divertente, a seconda dei punti di vista, vedere gli avatar rappresentati da zombie a braccia roteanti che si muovono nell’ambiente virtuale.

In molti casi le modalità di lavoro non consentono di estraniarsi completamente dall’ambiente circostante, perchè si è in ufficio, o si è in un ambiente condiviso con scarse possibilità di movimento nell’ambiente fisico. E c’è poi la necessità di fare altre cose, mentre si sfruttano le possibilità dell’ambiente virtuale. Stando poi in un ambiente familiare l’estraniarsi completamente non è una sensazione desiderabile, e chi ha figli, o anche bambini piccoli, non desidera escluderli completamente dal proprio ambiente, perchè vedere un figlio che si avvicina per chiedere consigli per i compiti mentre si lavora, è un qualcosa di imprescindibile, per tutti in una famiglia.

Certamente esistono due modalità di fruizione in cui la completa immersività è utile e piacevole, o anche necessaria, e sono l’esperienza di gioco e quella di poter avere un ambiente di simulazione immersiva completa, magari per esercitazioni, o per la formazione all’uso di nuove apparecchiature, mezzi di locomozione, ambienti pericolosi, ecc. In sostanza, tutto dipende dall’uso che se ne vuole fare, e dal modo in cui si vuole vivere l’esperienza immersiva.

Un altro problema da gestire, per quanto riguarda l’accesso, è il tipo di device da utilizzare. L’uso di uno Smartphone non consente un’esperienza immersiva, ed è utile unicamente per gestire attività di servizio e di comunicazione all’interno del Mondo Virtuale, e questo per motivi più che evidenti, data la limitata potenza di elaborazione dei dispositivi e la limitata possibilità di renderizzare ambienti complessi. L’accesso in streaming da browser, invece, può essere una modalità di facile utilizzo, ed è simile al tradizionale accesso da PC per mondi virtuali semplici, in cui la renderizzazione è eseguita in modo efficiente sui server dell’azienda di gestione, magari su Cloud, come il recente esperimento di Second Life, o come altre piattaforme, come Spatial. Si sfrutta con questa modalità la potenza dei server, e non si penalizzano gli utenti che posseggono PC poco performanti per renderizzare sul client.

In conclusione, più viene data flessibilità nell’uso di piattaforme virtuali, più se ne facilita la diffusione e l’utilizzo. Non c’è un solo modo, un modo “migliore” per vivere gli ambienti virtuali, è necessario adeguarne l’accesso alle diverse esigenze e modalità d’uso, per lavoro o per uso ludico. Si tratta, ancora una volta, di privilegiare l’accesso “sociale” e di accessibilità dei Mondi Virtuali, e non lasciarsi fuorviare, in questa direzione, dall’ultimo ritrovato, dalla tecnologia fine a se stessa.

Un saluto.

L’intossicazione digitale

La digitalizzazione della nostra società avanza ormai ad un ritmo esponenziale, e tutte le nostre attività quotidiane si vanno a svolgere, sempre di più, sulla rete internet. Si tratti di utilizzare servizi, di acquistare prodotti, o di informarci su quello che avviene nel mondo, ormai tutto si svolge online, e tutti i processi sociali e delle diverse organizzazioni si sono spostati sulla rete, con un incremento enorme di efficienza e di disponibilità per tutti.

Questo enorme e veloce progresso è accompagnato anche da diversi aspetti negativi, che stanno impoverendo la nostra cultura, le nostre capacità di discernimento e di analisi dei fatti. E non parlo solo della disinformazione e del proliferare delle fake news, parlo proprio di abbassamento del livello culturale delle persone, come effetto perverso della superficialità e della frugalità con cui si accede alle informazioni e alla cultura in generale, utilizzando ormai prevalentemente la rete.

E’ del mese scorso la pubblicazione del rapporto OCSE sugli skills degli adulti, nei vari paesi del mondo, e il risultato dell’indagine è scoraggiante, addirittura disastroso per quanto riguarda l’Italia. Il rapporto è intitolato “Hanno gli adulti le competenze necessarie per vivere in un mondo che cambia?” (https://www.oecd.org/en/publications/do-adults-have-the-skills-they-need-to-thrive-in-a-changing-world_b263dc5d-en.html). Dal rapporto risulta che un quarto degli adulti non è in grado di comprendere un testo semplice, o anche di eseguire dei semplici calcoli. In Italia la percentuale è enormemente superiore, arrivando al 45,6 % di “low performers”. Al contrario, quelli che hanno un alto tasso di alfabetizzazione sono, nella media dei paesi OCSE, del 11,6 %, mentre in Italia sono solo il 5,4 %.

C’è da chiedersi, nel panorama disarmante complessivo, perchè l’Italia si colloca agli ultimi livelli della classifica. Questo dato negativo, purtroppo, da solo non basta a spiegare questa regressione, va anche letto insieme al basso tasso di laureati (20% in Italia, contro il 40% in Europa, la metà), alla stagnazione più che ventennale della produttività, al basso livello dei salari, con stipendi al limite della sopravvivenza, e alla carenza di strutture e di servizi nelle aree meno protette del paese e in vasti strati della popolazione. E poi ci si interroga sul perchè i giovani scappano all’estero, sul basso livello delle nascite, e sul progressivo invecchiamento della popolazione.

Mettiamo da parte i discorsi politici, non è questa la sede perchè meriterebbero una diversa attenzione, e concentriamoci sugli effetti perversi della rete. L’accesso a fonti di informazioni superficiali e poco attendibili pervade ormai la nostra quotidianità, e l’obiettivo delle grandi piattaforme social non è certo quello di promuovere una informazione chiara e affidabile, ma di prolungare la permanenza in rete, propinandoci pubblicità di ogni tipo, che consente loro di accumulare enormi guadagni, pagando, tra l’altro, pochissime tasse, basando le proprie sedi in paesi dalla tassazione molto favorevole. Un ulteriore elemento che fa riflettere è la decisione di Meta di questi ultimi giorni di non utilizzare più servizi di “fact checking“, ma di affidarsi alle comunità dei social per controllare le notizie. Se non fosse grave, ci sarebbe da morire dal ridere. Non che quei servizi funzionassero bene, intendiamoci, ma erano comunque un piccolo elemento di controllo, in una giugla incontrollata.

La responsabilità di informarsi da fonti attendibili, e di formarsi culturalmente, è in capo alle singole persone, ad ognuno di noi. Nessun meccanismo, o ente, o gruppo di studio, può proteggerci da noi stessi. Dobbiamo assumere un approccio responsabile che ci guidi nelle scelte, evitando un ulteriore aumento dell’avvelenamento da Internet.

La chiave di tutto è la Selezione e l’Approfondimento. Se ci interessa qualcosa, dobbiamo andare a leggere le fonti attendibili, imparare ad usare produttivamente i motori di ricerca, a selezionare le fonti che sono accreditate dalla comunità scientifica e dell’informazione più professionale. Il resto tocca a noi, e per esercitare la nostra responsabilità dobbiamo leggere, cercare i libri adatti, fermarci a riflettere sulle cose che accadono.

I libri sono una fonte primaria di informazione, perchè ci consentono un approfondimento ragionato sulle questioni che ci interessano, e ci mettono a disposizione la competenza di chi ha studiato a fondo un certo problema e ne ha pubblicato i risultati, che sono stati poi vagliati e discussi dalla critica e dalla comunità scientifica internazionale. Limitiamo il tempo in rete e aumentiamo il tempo di lettura in sostanza.

La questione dell’informazione è più complessa, perchè si tende a cercare l’informazione “affine”, quella che convalida le nostre convinzioni, spesso sbagliate, e che si avvicina maggiormante ai nostri gusti politici. Il suggerimento classico è quello di selezionare non solo le fonti ritenute professionalmente attendibili, ma aquelle che esprimono pareri diversi dai nostri, per confrontarci e metterci in discussione, evitando bias culturali di cui ognuno di noi è vittima.

E’ un modo complesso di vivere la rete? No, è un modo ragionato e consapevole, perchè tra un pò saremo ridotti a non poter neanche leggere, per evidente incapacità di comprendere il senso di quello che leggiamo. E siamo già al 46,6 % in Italia di “analfabeti funzionali”.

Un saluto.

Buon anno a tutti !

Buona fine 2024 a tutti voi!

Il passaggio da un anno all’altro non è che cambi qualcosa, ma è una occasione, una occasione di riflessione se non di bilanci. Si pensa a quello che si è fatto nell’anno che si chiude, a cosa potremmo cambiare nel nuovo. Si pensa a come le cose del mondo vadano per i fatti loro, su binari che per noi è impossibile controllare. Si guarda con pessimismo e sconforto a quelle cose che non possiamo migliorare, e a volte ci prende la malinconia credendoci impotenti. Il risultato è spesso il “pensare a noi stessi” senza farci intristire dalle cose che succedono intorno. C’è chi “chiude con il passato”, chi conclude che “tanto sono tutti uguali”, o anche “l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”. Meccanismi di autodifesa, certo, che tendono a escludere il male da noi, o almeno ad allontanarlo il più possibile. Fino al prossimo bilancio di fine anno… E così il tempo trascorre sempre uguale, anno dopo anno, senza tanti coinvolgimenti, chiusi nel proprio guscio.

Ma le persone sono importanti. Ognuno è collegato agli altri, in modi spesso impercettibili, ma con vite che si intrecciano e si condizionano. Ognuno può influire sui familiari, gli amici, i colleghi, i conoscenti. La rete ha poi amplificato le connessioni, ci ha messo in contatto con gente fisicamente lontana, ha aumentato esponenzialmente le connessioni, e le influenze. E sono aumentati anche i condizionamenti, i fattori positivi e negativi, e il numero di avvenimenti che possono influenzarci, anche nella vita di tutti i giorni.

L’unica possibilità che abbiamo, per non vegetare in una società estranea, è quella di riappropriarci di noi stessi, del nostro ruolo, delle nostre possibilità. Perchè ognuno di noi ha il potere di cambiare le cose che gli stanno intorno, con le azioni, i comportamenti, le influenze. Ognuno di noi è importante, nelle cose che pensa, e nelle scelte che fa. Nulla è irrilevante, neanche il battito d’ali di una farfalla dall’altra parte del mondo. Se riflettiamo su questo, allora le cose possiamo cambiarle, non da soli certo, ma dando il nostro grande contributo, tutti insieme. Se ci isoliamo, le cose cambieranno per conto loro, perchè ci saranno altri a cambiarle, e noi le subiremo, fantasmi indistinti, inconsapevoli e impotenti.

Personalmente sono ottimista, le cose nel 2025 miglioreranno, forse delle guerre finiranno, e il progresso tecnologico dei sistemi di AI ci aiuterà a superare gli steccati. Dal punto di vista personale, poi, il 2024 è stato un anno molto importante, nonostante tutto, e molto positivo. Lo sarà anche il 2025, ne sono certo, e lo sarà anche per voi.

Buon anno a tutti! 🦅

Perchè Linden Lab non riesce a produrre un’App per mobile efficiente?

E’ da circa 4 anni che la Linden Lab sta lavorando per realizzare un’App per smartphone, sia Android che IOS, con risultati non sufficientemente qualitativi per gli utenti. L’App realizzata ha tutte le funzionalità più importanti ma la grafica lascia molto a desiderare, deformando enormemente le figure degli Avatar, così come le performances.

Non avendo contatti diretti con la Linden Lab (spero che nel prossimo meeting di Venerdì 6 novembre ci si possa confrontare), posso solo fare un’analisi tecnica molto superficiale, da osservatore esterno, non conoscendo i dettagli della loro implementazione. Il punto da cui partire è che la potenza elaborativa di uno smartphone, anche dei più moderni e performanti, non può essere neanche lontanamente paragonata a quella di un moderno desktop, sia per il processore, sia per la scheda grafica, che per la RAM. Questo deve porre dei limiti invalicabili alle caratteristiche di qualsiasi App su smartphone, in particolare se si tratta di partire da una esperienza desktop consolidata ed apprezzata.

Inoltre, Second Life utilizza il motore grafico OpenGL, che oggi è ritenuto obsoleto e poco performante, la cui ultima versione, la 4.6, risale al 2017. Esistono motori grafici più moderni ed efficienti, come Vulkan e il DirectX 12, di Microsoft, usato per Xbox, che consentono una gestione diretta delle GPU. Ma oggi, le maggiori piattaforme utilizzano ambienti di sviluppo grafico completi, come Unreal Engine e Unity. L’architettura di base di Second Life è quindi obsoleta e non sfrutta al meglio le potenzialità delle moderne GPU. Naturalmente, cambiare l’architettura comporterebbe investimenti notevoli per una piccola azienda come la Linden Lab, e non voglio neanche pensare a come verrebbe gestita la cosa, considerando l’esperienza dell’App mobile.

Detto questo, e tenendoci stretto il motore grafico obsoleto, è completamente irrealistico pensare di replicare SL su Smartphone conservandone tutte le caratteristiche, e lo sviluppo dovrebbe limitarsi alle caratteristiche fondamentali (chat, inventario, transazioni, un minimo di grafica), come fece a suo tempo Alina Lyvette per Lumiya. Purtroppo Alina non manutiene più da tempo Lumiya, che comunque non era multipiattaforma ma si limitava alla versione Android. Negli ultimi anni il mondo è andato avanti, con le nuove GPU, molto performanti, e gli ambienti di sviluppo grafici.

La scelta da fare per la Linden Lab, considerati i vincoli suddetti, avrebbe dovuto essere minimalista, limitando all’essenziale la grafica, eliminando gran parte dei paesaggi e degli oggetti non essenziali, mentre forse è stata eccessivamente ambiziosa. Si è sempre in tempo per rivedere le scelte tecniche. Se naturalmente si arriva a queste conclusioni. Si potrebbe poi gradualmente migliorare i risultati, ma almeno si offrirebbe agli utenti una esperienza più accettabile.

Si potrebbero poi fare tante altre cose, oltre a cambiare il motore OpenGL, e quello fisico Havok 4 (introdotto nel 2008 in sostituzione del vecchio motore sviluppato da Linden Lab), come ad esempio lasciare sui server in Cloud il lavoro grafico, trasmettendo ai client il flusso dei dati in streaming. Ma qui ci vorrebbero ulteriori investimenti, a meno di non pensare a cedere la piattaforma ad una delle aziende più grandi sul mercato, come ad esempio la Epic Games, che gestisce oggi Fortnite, la più utilizzata di tutte le piattaforme Virtuali, con 350 milioni di utenti mensili !

Occorrono scelte strategiche, con una visione e una prospettiva di lungo periodo, altrimenti Second Life resterà tagliata fuori dai prossimi progressi di questo mercato.

Il Vero Nome

Avrete tutti le tasche piene di “Snow Crash” di Neal Stephanson, lo citano ogni volta che si parla di Metaverso. Ed in effetti il termine “Metaverso” è stato inventato da Neal in questo romanzo. Per dirla tutta, è unicamente in relazione a questo romanzo che si può parlare di “Metaverso”, perchè tutte le piattaforme esistenti, che implementano i diversi Mondi Virtuali, non sono affatto “Metaverso”, se a questa parola dobbiamo attribuire il significato che il suo inventore le ha dato, di universo unico, onnicomprensivo e accedibile da chiunque al mondo attraverso una connessione.

E allora si sono inventati il passaggio intermedio, che cioè oggi siamo in presenza di tanti “Metaversini” indipendenti, come un momento di passaggio verso quello che sarà il METAVERSO futuro, in cui i metaversini confluiranno e andranno, finalmente, a formare il Metaverso di Neal Stephenson. Pura follia, per motivi più che evidenti, che solo i cantastorie si ostinano a negare.

Innanzitutto, mettere d’accordo tante piattaforme concorrenti tra loro per fondersi, o “interoperare” tra loro, sarebbe impresa velleitaria, perchè ci troviamo di fronte ad un mercato molto allettante per il futuro sviluppo dei Mondi Virtuali e delle relative applicazioni, e non si vede perchè le varie aziende che hanno investito nelle rispettive piattaforme, dovrebbero buttare tutto a mare e contribuire a esaudire le fantasie di Neal Stephenson. Il quale, poveretto, non intendeva altro che scrivere un romanzo di fantascienza, nel filone Cyberpunk, così come ha fatto William Gibson, nei suoi romanzi “La notte che bruciammo Chrome” e “Neuromante“.

In secondo luogo, avere un “Metaverso” onnicomprensivo sarebbe una grave prevaricazione verso la libera concorrenza e la corretta evoluzione del mercato, fino a prefigurare una specie di Grande Fratello universale, come quello creato nel romanzo di Dave Eggers “The Circle“, del 2013, da cui è stato tratto l’omonimo film con Tom Hanks ed Emma Watson. Ma poi, chi gestirebbe questo “Metaverso”? Chi sovraintenderebbe alle regole? Ci vorrebbe una organizzazione sovranazionale, una specie di ONU dei Mondi Virtuali! E i problemi di sicurezza, a chi sarebbero in capo, chi gestirebbe i cloud su cui il “Metaversone” sarebbe installato? Non scherziamo…

Vero è che è nata una organizzazione nel 2022, il “Metaverse Standar Forum” (https://metaverse-standards.org/), ma questa non ha affatto l’obiettivo di creare il Metaversone, bensì quello di cercare di favorire una cooperazione sugli standard, per una migliore e più ampia evoluzione del mercato. E comunque, le maggiori piattaforme non vi hanno nemmeno aderito, a riprova di quanto detto prima sulla libera concorrenza.

Restiamo con i piedi per terra, perchè le piattaforme che implementano i Mondi Virtuali si stanno sviluppando, in modo realistico e concreto, senza seguire balle e cantastorie vari. Molti progetti continuano a partire, specialmente su piattaforme “private” implementate da aziende e organizzazioni diverse. Purtroppo, questo termine di “Metaverso” ce lo dobbiamo tenere, perchè grazie alla spettacolare presentazione di Mark Zuckerberg dell’ottobre 2021 (https://www.youtube.com/watch?v=Uvufun6xer8&t=65s), è ormai entrato nella vulgata comune, subendo anche gli effetti negativi dei successivi disinvestimenti fatti dalla stessa Meta negli ultimi tempi, fino a far prefigurare da molti la “morte” del Metaverso, una cosa mai esistita cioè mai nata. Ma tant’è…

Vernon Vinge

Tornando alla letteratura, forse non tutti sanno che, se è vero che il termine Metaverso è stato inventato con Snow Crash, nel 1992, la nascita della letteratura dei Mondi Virtuali è da attribuirsi a Vernon Vinge, col suo romanzo “Il Vero Nome“, del 1981, solo che allora l’aveva chiamato “L’altro Piano” e non Metaverso, termine più immaginifico. E anche i romanzi di William Gibson sono precedenti a Snow Crash, essendo del 1982 e 1984. Insomma Neal ha fatto, guardandola a posteriori, una migliore operazione di marketing, e Mark ne ha approfittato alla grande!

Un saluto.

La Sanità italiana nel “Metaverso”

Che la Sanità italiana non se la passi bene ultimamente, con il taglio degli investimenti (budget inferiore rispetto al PIL), con la carenza di medici, e con la fuga dei giovani verso la sanità privata o all’estero, è cosa nota. E sono anche note le grandi difficoltà degli operatori sanitari nell’affrontare situazioni sempre più difficili, fino al manifestarsi di forme inaccettabili di protesta, e persino di violenza, da parte degli utenti. Ma in questo quadro di difficoltà occorre anche guardare alle eccellenze che possediamo, in tutti i settori della nostra Sanità, e alle capacità di affrontare temi innovativi come quello degli ambienti virtuali, in cui è possibile erogare servizi e raggiungere quegli utenti che hanno maggiori difficoltà a spostarsi. L’esperienza che vogliamo mettere in evidenza, per il coraggio nell’affrontare temi così innovativi, riguarda il “Primo ospedale nel Metaverso“, realizzato dall’Azienda Ospedaliera di Cagliari.

Il “Metaospedale“, come è stato subito battezzato, è visitabile nel Mondo Virtuale di Spatial (https://www.spatial.io/s/Ospedale-nel-Metaverso-dellAou-di-Cagliari-66f2c59cc23d0d0c2a3d5292?share=1895739676763264962), sia utilizzando un visore di VR che da desktop, tablet o anche da smartphone.

Entrando nella struttura è possibile, tramite dei pannelli, prenotare una visita, pagare il ticket, entrare nel proprio “Fascicolo Sanitario Elettronico” o anche verificare i tempi di attesa del Pronto Soccorso. Al piano superiore è stato creato l’Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP), in cui si può anche parlare con un operatore umano, ma il Metaospedale è aperto 24 ore su 24. Il progetto è ancora ongoing, e altri spazi e servizi si stanno realizzando, come un reparto per il trattamento e le terapie del dolore e aule per la formazione dei medici.

E’ questa un’iniziativa lodevole e coraggiosa, perchè il rischio di questi progetti, se non vengono calati nella realtà territoriale, è quello che, dopo il primo impatto dettato dalla curiosità, resti inutilizzato dal grande pubblico. Occorreranno quindi delle campagne informative per diffondere l’esistenza di questa struttura, e spiegare chiaramente che il Metaospedale è utilizzabile tranquillamente da PC o anche da smartphone, e non è necessario avere un Visore di VR per accedere ai suoi servizi. E questo perchè l’utilizzo dei visori non è attualmente a portata della grande massa degli utenti della rete, per i costi o anche per scelta, quindi occorrerà spiegare che è possibile utilizzare tranquillamente la “Realtà Virtuale” anche da un browser o da un’App.

Complimenti comunque alla sanità di Cagliari, per questa sperimentazione d’avanguardia, e speriamo che il loro esempio venga seguito da molti altri enti pubblici, non solo nel settore della sanità.

Un saluto.

Le piattaforme virtuali

Le piattaforme che implementano Mondi Virtuali sono tantissime, oltre le duecento, ognuna con proprie caratteristiche, regole e modalità di accesso. C’è poi tutto un mondo di piattaforme private, ad uso di aziende, enti o istituzioni, il cui accesso è riservato ai possessori, per scopi di business o di servizio. Vogliamo dare un elenco delle principali piattaforme virtuali, con il numero di utenti mensili, con l’indicazione dell’uso o meno di Visori di VR come possibilità di accesso e con l’indicazione se supportano o meno l’uso di criptovalute:

1. Fortnite
– Utenti attivi mensili: Oltre 350 milioni
– Supporta VR: No, Fortnite non supporta ufficialmente i visori VR.
– Supporta criptovaluta e wallet: No, utilizza una valuta interna chiamata “V-Bucks”, ma non supporta criptovalute o wallet blockchain.


2. Roblox (piattaforma ibrida, con supporto VR limitato)
– Utenti attivi mensili: Oltre 230 milioni
– Supporta VR: Sì, ma il supporto è limitato e non è l’esperienza principale.
– Supporta criptovaluta e wallet: No, Roblox utilizza la sua valuta interna chiamata “Robux”, ma non supporta criptovalute o wallet blockchain.


3. VRChat
– Utenti attivi mensili: Oltre 40 milioni
– Supporta VR: Sì, progettato per essere usato con visori VR, ma è anche accessibile senza VR.
– Supporta criptovaluta e wallet: No, attualmente VRChat non supporta criptovalute o wallet blockchain. Per i pagamenti utilizza valuta reale.


4. Rec Room
– Utenti attivi mensili: Circa 15-20 milioni
– Supporta VR: Sì, ma è disponibile anche su dispositivi non VR (console, PC, mobile).
– Supporta criptovaluta e wallet: No, Rec Room utilizza una valuta interna chiamata “Tokens”, ma non supporta criptovalute o wallet blockchain.

5. IMVU
– Utenti attivi mensili: Circa 7 milioni
– Supporta VR: No, IMVU non supporta ufficialmente i visori VR.
– Supporta criptovaluta e wallet: No, utilizza una valuta interna chiamata “IMVU Credits”, ma non supporta criptovalute o wallet blockchain.

6. Spatial
– Utenti attivi mensili: Oltre 1 milione
– Supporta VR: Sì, progettato per visori VR, ma accessibile anche su desktop e dispositivi mobili.
– Supporta criptovaluta e wallet: Sì, Spatial ha integrato il supporto per criptovalute e wallet per acquistare e scambiare NFT (non-fungible tokens), spesso legati all’arte digitale.


7. Second Life
– Utenti attivi mensili: Circa 600.000-800.000
– Supporta VR: No, non supporta i visori VR.
– Supporta criptovaluta e wallet: No, Second Life utilizza la sua valuta interna chiamata “Linden Dollars (L$)”, ma non supporta criptovalute o wallet blockchain.

8. The Sandbox
– Utenti attivi mensili: Circa 500.000
– Supporta VR: Sì, ma è più comunemente usato su desktop. La VR è opzionale.
– Supporta criptovaluta e wallet: Sì, utilizza criptovalute come SAND (un token ERC-20) e NFT per transazioni e proprietà virtuali.


9. Horizon Worlds (Meta)
– Utenti attivi mensili: Circa 500.000
– Supporta VR: Sì, progettato per visori VR (Meta Quest).
– Supporta criptovaluta e wallet: No, attualmente non supporta criptovalute o wallet blockchain. Usa come moneta interna i Meta Points.

10. Bigscreen
– Utenti attivi mensili: Circa 500.000
– Supporta VR: Sì, principalmente per la condivisione di contenuti video e socializzazione in VR.
– Supporta criptovaluta e wallet: No, Bigscreen non supporta criptovalute o wallet blockchain. Per i pagamenti utilizza valuta reale.

11. Sansar
– Utenti attivi mensili: Diverse decine di migliaia
– Supporta VR: Sì, progettato per la realtà virtuale, ma accessibile anche senza VR.
– Supporta criptovaluta e wallet: Sì, Sansar ha integrato il supporto per criptovalute e wallet per comprare e vendere asset digitali e terreni virtuali.


12. Decentraland
– Utenti attivi mensili: Circa 10.000-15.000
– Supporta VR: Sì, ma è più comunemente usato su desktop e browser. La VR è opzionale.
– Supporta criptovaluta e wallet: Sì, Decentraland utilizza criptovalute come MANA (un token ERC-20) e NFT per le transazioni e le proprietà virtuali.


13. NeosVR
– Utenti attivi mensili: Circa 10.000
– Supporta VR: Sì, principalmente per VR, con funzionalità avanzate di personalizzazione e creazione.
– Supporta criptovaluta e wallet: Sì, NeosVR ha integrato criptovalute e wallet, supportando Neos Credits (NCR) e altre valute blockchain per transazioni all’interno del gioco.

14. Somnium Space
– Utenti attivi mensili: Circa 10.000
– Supporta VR: Sì, progettato specificamente per VR, ma utilizzabile anche su PC senza visore.
– Supporta criptovaluta e wallet: Sì, Somnium Space supporta pienamente le criptovalute e i wallet, in particolare attraverso la blockchain di Ethereum e il trading di terreni e asset virtuali tramite NFT.

15. Mozilla Hubs
– Utenti attivi mensili: Migliaia
– Supporta VR: Sì, accessibile con visori VR, ma funziona anche su desktop e mobile.
– Supporta criptovaluta e wallet: No, attualmente non supporta criptovalute o wallet blockchain. Non c’è alcun sistema di pagamento o commercio interno alla piattaforma.

16. Nemesis
– Utenti attivi mensili: Non pubblicamente disponibile
– Supporta VR: Sì, progettato per visori VR.
– Supporta criptovaluta e wallet: Sì, supporta criptovalute e wallet blockchain per transazioni all’interno del mondo virtuale.

E adesso al lavoro …

Dopo la sbornia di notizie e previsioni fantasmagoriche sul cosiddetto “Metaverso” è tempo di utilizzare le esperienze migliori, tecnologiche e sociali, per indirizzare al meglio un utilizzo produttivo dei Mondi Virtuali. Sappiamo quali sono le potenzialità di queste piattaforme, e abbiamo visto negli anni e nei mesi scorsi centinaia di progetti e di esperienze di ogni tipo: lavorative, sociali, di svago, ecc. Ma occorre ora porsi nei panni di chi, incuriosito da tutto questo can can, voglia effettivamente capire come e perchè dovrebbe utilizzare un ambiente virtuale per le proprie attività.

Occorre spiegarlo dal punto di vista pratico, in termini di risultati effettivi ottenibili, e non solo perchè essere nel “Metaverso” è (era) di moda, e quindi, in ogni caso, era opportuno esserci. Era la “Paura di essere tagliati fuori”, la FOMA (fear of missing out), sulla base della quale, e spinti dai soliti furbastri che sfruttavano l’onda dell’hype, molte aziende hanno speso a volte anche milioni, senza ottenere risultati di rilievo, lasciando come macerie sedi aziendali vuote e non utilizzate sparse nei mondi virtuali.

A tutto questo si è unito l’arrembaggio dei crypto speculatori, fiondatisi sulle criptovalute e sugli NFT, che hanno alimentato un mercato altamente speculativo e a rischio, che ha lasciato parecchi investitori sul lastrico (vedi il fallimento dell’Exchange FTX). Naturalmente, la tecnologia della Blockchain è straordinaria, così come anche l’utilizzo degli NFT, per la protezione della proprietà intellettuale degli asset digitali, ma la bolla speculativa ne ha pesantemente distorto il significato e nuociuto gravemente alla reputazione della tecnologia di base. E purtroppo c’è stato un battage pubblicitario, interessato e fuorviante, per associare il “Metaverso”, nel pieno del boom, a queste esperienze speculative, danneggiandone gravemente l’immagine.

Superata questa fase (si spera), torniamo ai motivi primari per cui l’utilizzo delle piattaforme virtuali può dare un grande contributo alla gestione delle attività aziendali, o anche per scopi culturali, o istituzionali, o di svago. Discutiamo di cose concrete, facilmente comprensibili e sperimentabili in brevissimo tempo. Vorrei partire qui da tre esempi, in modo da poter misurare obiettivi e risultati, in modo pragmatico, e parlando di processi.

Caso 1 – DIDATTICA: è forse il caso d’uso più sperimentato e diffuso, versatile e adatto ad ogni tipo di esigenza e di utenza, anche scolastica, dai bambini della primaria alle Università. La possibilità di ritrovarsi tutti insieme in un’aula virtuale ha dei vantaggi enormi, in termini di interazione e di socializzazione, inoltre, il rapporto con l’insegnante è diretto e bilaterale, e non si è legati alla geografia o all’ambiente fisico in cui ci si trova.

La costruzione di un’aula virtuale è molto sermplice, anche se può essere valorizzata a piacere con arredamenti e strumenti di lavoro diversi, come schermi, interfacce web, connessione ai repository su cloud, e via dicendo. Ci sono Mondi Virtuali, come “Spatial” in cui addirittura è possibile utilizzare gratuitamente ambienti precostituiti, senza impegno di building o investimenti. E’ questo un caso di studio facilmente utilizzabile, alla portata di tutti.

Caso 2 – AMBIENTE DI LAVORO: l’utilizzo dello smart working, enormemente diffusosi con la pandemia, ci ha abituato a lavorare da remoto, in ambienti di collaboration. I risultati, sia per i lavoratori, in termini di qualità della vita, sia per le aziende che hanno enormemente risotto i costi per le sedi e gli uffici, sono stati notevoli, ed è una realtà da cui non si torna più indietro. Il vantaggio di un ambiente virtuale, rispetto a quello classico di collaboration online, è quello della presenza e dell’interazione continua, fino a ricreare uffici virtuali in cui, indipendentemente dal luogo fisico in cui si trovano i lavoratori, si vive in una comunità, e si collabora fianco a fianco con i colleghi e i responsabili aziendali.

Dal punto di vista della Cybersecurity un’azienda può anche creare una propria piattaforma virtuale privata, adeguatamente segmentata e protetta, a cui i dipendenti possano accedere con la VPN aziendale, previo autenticazione ed autorizzazione. E’ uno sviluppo che potrà avere dimensioni enormi in futuro, e consentirà di superare ampiamente le difficoltà della distanza, dei trasporti, e dei tempi di lavoro.

CASO 3 – SIMULAZIONI: è possibile creare ogni tipo di ambiente, per gli scopi più diversi. Supponiamo, ad esempio, che l’amministrazione comunale voglia ristrutturare una importante piazza del comune, per renderla più vivibile, senza auto, e con maggiori servizi e possibilità di socializzazione per i residenti. E’ possibile creare un digital tween della piazza, in ambiente virtuale, e coinvolgere gli abitanti e i commercianti del quartiere a dare al progetto presentato dall’amministrazione, il proprio contributo di idee, con suggerimenti e critiche. La simulazione può essere poi gradualmente migliorata, tenendo conto anche delle risorse economiche stanziate per il progetto, arrivando ad una soluzione ottimale e condivisa dalla maggior parte dei residenti.

Con questi soli tre esempi potremmo fare proposte concrete ad interlocutori aziendali o istituzionali, per avviare dei progetti pilota intorno a cui sviluppare ulteriormente la presenza dell’azienda o dell’istituzione nei Mondi Virtuali, mano a mano che i vantaggi, ed i risparmi, saranno sempre più evidenti e misurabili. Passi graduali, concreti, ma con enormi prospettive di sviluppo. Naturalmente gli esempi potrebbero essere molti altri, ma qui occorre partire dalle basi, da cose concrete e rapidamente realizzabili, e che, soprattutto, diano risultati oggettivi e misurabili.

Un saluto.

Che cosa ci facciamo con l’AI ?

Sono quasi due anni che non sentiamo parlare d’altro, tutti i giorni, che di Intelligenza Artificiale (AI). La causa scatenante è stata la pubblicazione in rete del Chet-Bot Chat-GPT di Open AI, (https://openai.com/) una chat “intelligente” che dà risposte a qualsiasi nostra domanda, simulando l’interazione con un essere umano “esperto”, su qualsiasi problematica. Naturalmente, le risposte che fornisce Chat-GPT sono basate sull’enorme mole di materiale raccolto in rete, dalle pubblicazioni scientifiche ai libri di testo, agli articoli di giornale e persino dai social network.

https://www.punto-informatico.it/limite-conoscenza-chatgpt-esteso-fino-2023/#:~:text=OpenAI%20ha%20annunciato%20di%20aver,limite%20di%20ChatGPT%20al%202023.

Sulla base di queste informazioni, aggiornate a fine 2023, è stata addestrata con la supervisione di esseri umani, per eliminare eventuali schemi di ragionamento derivanti da preconcetti o errori dovuti ad errata interpretazione. Il risultato è quello che vediamo, nulla di “intelligente” ma estremamente efficace. E abbiamo anche imparato che a volte la chat ci dà risposte errate, quando non ha abbastanza indicazioni su come formulare la risposta, semplicemente inventa le cose e “riempie i buchi”, a volte a casaccio. Quindi, da un lato occorre sempre verificare gli output ottenuti con fonti attendibili, dall’altro bisogna imparare a formulare delle richieste molto precise, per delimitare al massimo il margine di errore.

E’ nata così la professione del “Prompt Engineer“, l’abilità tecnica di formulare richieste molto precise, per ottenere risposte affidabili. I cosiddetti “Prompt”. Compilare un prompt è diventata una caratteristica indispensabile per chi vuole utilizzare una AI per lavoro, per studio, per attività professionali, e questa nuova scienza ha già iniziato ad essere strutturata, con precisi “Framework” di riferimento, su come formulare le richieste, come comporre i prompt. Le modalità possono variare da semplici frasi in linguaggio naturale, come le domande che tutti noi abbiamo fatto a Chat-GPT in questi mesi, a dei modelli schematici precisi, per organizzare le richieste in un modo, per così dire, “scientifico”.

Ad esempio, utilizzando Midjourney o Copilot, applicazioni AI di elaborazione di immagini, possiamo dire semplicemente:

“Dammi una immagine di un cavaliere crociato di fronte ad un drago in una foresta”.

E l’immagine che otteniamo è la seguente (da Copilot di Microsoft):

Oppure fornire come input una immagine di partenza da elaborare, a Midjourney, come la seguente:

accompagnandola con precise istruzioni su cosa vogliamo che produca, con tanto di istruzioni tecniche, di parole chiave e anche di descrizioni in linguaggio naturale, con indicazioni molto precise su cosa si vuole ottenere:

donna bionda, volto serio illuminato dal sole che filtra dall’alto, sguardo profondo, alta definizione, 8K, sfondo scuro –ar 4:3 –q 5″.

Il risultato può essere il seguente:

Sono esempi semplici, basati su chat e immagini, ma per poter utilizzare le applicazioni di AI in modo professionale è indispensabile utilizzare i Framework che dicevamo prima, perchè il risultato che vogliamo ottenere serve per il nostro lavoro, di sviluppatori software, o di medici, o di giuristi.

Si sono così sviluppati due modelli di Framework, uno relativo a richieste abbastanza semplici, denominato Modello RTF, l’altro invece denominato Modello CREATE, che serve per richieste o obiettivi molto complessi, e richiede quindi una molteplicità di indicazioni precise su tutti gli aspetti del lavoro da fare.

Il Modello RTF è l’acronimo di Role (l’obiettivo dettagliato che vogliamo ottenere e il ruolo di chi lo richiede), Task (descrizione dettagliata del lavoro da fare), e Format (il formato con cui presentarci il risultato del lavoro.

Ad esempio posso formulare la seguente rischiesta a Chat-GPT:

“Sono un programmatore Python e ho bisogno di un programma che calcoli il valore minimo tra due numeri interi da acquisire in input. Il risultato dev’essere il codice Python eseguibile.”

La richiesta è precisa e descrive esattamente il risultato che voglio ottenere. Infatti, Chat-GPT mi fornisce la risposta adeguata:

“inizio”

Certo! Ecco un semplice programma in Python che calcola il valore minimo tra due numeri interi inseriti dall’utente:

——————————————————————————————————-

# Funzione per trovare il minimo tra due numeri
def trova_minimo(num1, num2):
    if num1 < num2:
        return num1
    else:
        return num2

# Acquisizione input dall'utente
numero1 = int(input("Inserisci il primo numero intero: "))
numero2 = int(input("Inserisci il secondo numero intero: "))

# Calcolo del minimo
minimo = trova_minimo(numero1, numero2)

# Stampa del risultato
print(f"Il valore minimo tra {numero1} e {numero2} è: {minimo}")
----------------------------------------------------------------------------

Puoi copiare e incollare questo codice in un file Python (.py) ed eseguirlo. Il programma richiederà all’utente di inserire due numeri interi e poi stamperà il valore minimo tra di essi.

“fine”

Il Modello CREATE invece, è l’acronimo di Character (il ruolo che assumiamo nel creare il risultato), Request (l’esposizione dettagliata della richiesta che facciamo), Examples (esempi precisi del risultato che vogliamo ottenere), Adjustment (i vincoli di cui tener conto nel creare il risultato), Type of output (descrizione precisa del tipo di risultato che vogliamo), ed Evaluation (indicazioine di precisi indicatori con cui misurare la qualità del risultato ottenuto). Richiederebbe molto tempo darvi un esempio preciso, ma questo è il lavoro da fare.

Come si vede, per poter ottenere risultati di qualità occorre lavorare molto sulle indicazioni da fornire, ci penserà poi l’AI ad utilizzare tali indicazioni per creare la risposta più adeguata, avendo anche ottenuto da noi opportuni parametri per valutare il risultato, prima di fornirlo.

Questa del Prompt Engineer è quindi una figura molto importante, per le aziende, gli enti e gli studi professionali. Altre professioni riguardano poi l’abilità di creare le AI con gli algoritmi e le strategie di ricerca più adeguate agli scopi che vogliamo ottenere, o anche i controlli di qualità da inserire nelle fasi di addestramento delle AI, e così via. Sono queste professioni necessarie alle aziende che producono i sistemi di AI. Insomma, sono tanti, e molto diversificati, i nuovi “mestieri” che stanno nascendo. Ed altri ne nasceranno, perchè l’AI sta dando un’accelerata straordinaria a tutta la nostra civiltà, alla tecnologia e all’industria.

Abbiamo già parlato, in altri articoli su questo Magazine, anche dei rischi connessi all’utilizzo delle applicazioni di AI, in particolare nelle infrastrutture critiche e per gli utilizzi militari, e non a caso è appena entrato in vigore l’AI-Act dell’Unione Europea, e anche altri paesi, come gli USA, si sono dotati di analoghi strumenti di controllo. Ma la strada è aperta per un utilizzo sempre più esteso di queste applicazioni e gestirne i rischi è compito dei governi e degli enti regolatori, e le opportunità di crescita che stiamo creando sono davvero enormi.

Un saluto.

Quanto siamo dipendenti dalla rete?

Qualche giorno fa, un banale bug contenuto in un aggiornamento del software di un’azienda di Cybersecurity, la CrowdStrike, fornitrice di Microsoft, ha messo in ginocchio i sistemi Windows di tutto il mondo, bloccando i servizi di applicazioni critiche per un periodo da qualche ora a qualche giorno, e ancora oggi non tutti i sistemi colpiti sono stati ripristinati. NON si è trattato (questa volta) di un attacco Cyber, ma di un errore propagatosi a catena, a partire dall’Australia e poi via via in tutto il mondo.

Evidentemente molti errori sono stati commessi, indipendentemente dall’errore commesso all’origine dall’azienda nel diffondere l’aggiornamento. I sistemi critici non dovrebbero MAI rendere automatici gli aggiornamenti, quanto piuttosto testarli prima in ambiente di test, e solo dopo averne verificato gli impatti passarli nei sistemi di produzione. Questo non è stato fatto a quanto sembra, da quei sistemi che sono stati colpiti. I possibili effetti nefasti sono sempre possibili, come si è visto. Spero che si impari dai danni subiti.

Ma incidenti del genere si verificheranno ancora, inevitabilmente. E sempre più perfezionati attacchi verranno portati alle infrastrutture critiche, in tutto il mondo, a cominciare dagli anelli deboli della catenna della supply-chain, le piccole e medie aziende. E non a caso è stata emanata a gennaio 2023 dall’Unione Europea la nuova direttiva denominata NIS2, che dovrà essere recepita entro il 17 ottobre 2024 dai singoli stati membri, che eleva gli standard di Cybersecurity e mira a proteggere le infrastrutture critiche. (https://www.cybersecurity360.it/soluzioni-aziendali/nis-2-gli-adempimenti-alla-nuova-direttiva-ecco-tutte-le-novita/)

Tuttavia, il problema di fondo è la nostra completa dipendenza dalla rete e dai sistemi software, che gestiscono ormai completamente la nostra vita quotidiana. Dobbiamo avere noi tutti, dai singoli individui alle aziende, consapevolezza di questa dipendenza quasi totale, ed adottare procedure che possano consentirci di continuare ad operare in caso di attacchi o, come in questo caso, di malfunzionamenti estesi dei sistemi. Le aziende devono gestire sempre meglio il tema della “Business Continuity“, la gestione cioè dei sistemi in caso di incidente, con tutta una serie di procedure parallele per assicurare il funzionamento dei servizi critici. E questo include anche una politica molto attenta dei Backup, che hanno salvato molte aziende dagli attacchi Ransomware (la cifratura dei dati ad opera di hacker per chiedere poi un riscatto per la decifratura). Occorre avere dei sistemi paralleli, anche manuali, capaci di consentire la ripresa rapida dell’operatività, limitando al massimo i blocchi ed i danni conseguenti, alle imprese e ai cittadini. Perchè molti sistemi gestiscono ormai non solo i servizi, ma anche la salute e la vita delle persone.

(https://www.industry4business.it/risk-management/business-continuity-cose-vantaggi-e-perche-e-importante-in-azienda/)

Utilizzare il Cloud è stata poi una rivoluzione epocale, si ottimizza la gestione delle risorse, si centrallizza la sicurezza e si riducono i costi, ma ci rende dipendenti da tre o quattro aziende (Amazon, Microsoft, Oracle, ecc.), i cui bilanci superano in valore quelli di molte nazioni al mondo. Non voglio discutere qui i problemi di privacy e di protezione della stessa, è un argomento molto complesso, ma almeno dobbiamo sapere che questa è la situazione.

Cosa possono fare i singoli cittadini? Proteggere i propri dati salvandoli e tenendoli aggiornati offline, col classico disco esterno su cui farne copia, scollegandolo dalla rete ogni volta, dopo aver effettuato il backup. E avere consapevolezza nei comportamenti in rete, con attenzione alla sicurezza dei propri dati.

La tecnologia e l’utilizzo della rete ci ha fatto compiere grandi passi in avanti, cose che facciamo oggi non erano neanche immaginabili quelche decennio fa, ma questo ha comportato l’aumento esponenziale della Complessità dei sistemi, e con l’aumento della complessità sono aumentate le esposizioni e i rischi da gestire. Un grande aiuto ci sta arrivando dall’uso sempre più esteso di Intelligenze Artificiali anche in questi campi, con tutti i limiti ed i controlli imposti dal recente AI-Act europeo, ma dobbiamo essere consapevoli, anche come semplici cittadini, che la nostra dipendenza va mitigata con adeguate misure di sicurezza e alternative offline per i casi di emergenza.

(https://www.europarl.europa.eu/news/it/press-room/20240308IPR19015/il-parlamento-europeo-approva-la-legge-sull-intelligenza-artificiale)

Un saluto.

I “Fuori di testo” !

Il gruppo dei “Fuori di Testo” ha una genesi di lunga data, è nato infatti nel 2011, con l’idea del divertimento tra amici, soprattutto, e basato su un’esperienza di teatro in Second Life. Il gruppo realizzò a quel tempo diverse serate, con grande apprezzamento della quindicina di membri e del pubblico intervenuto. E così, a giugno di quest’anno, rinasce come la fenice, con un nuovo gruppo di entusiasti, una ventina, alcuni dei quali erano già presenti nel team originario. L’animatrice e la coordinatrice del gruppo, la “dittatrice assoluta” come scherzosamente la definiscono i membri del team, è, fin dalle sue origini, Liza Tedeschi (Lamauvaisereputation), un vulcano continuo di idee e iniziative, che già anima le serate del club “The Trax”, insieme al suo compagno DJ Eric Reed.

L’ambito di attività del gruppo riguarda soprattutto le rappresentazioni di sceneggiature preparate dal gruppo, o anche contest fotografici per ricercare le più originali forme di comunicazione visiva. E ogni membro del gruppo, molto variegato, ha una sua parte ed un suo ruolo da gestire, sia nelle attività preparatorie che durante le rappresentazioni. Tenere insieme un gruppo numeroso, e coordinarne le attività, è un’impresa non da poco che vede continuamente impegnata la nostra Liza. C’è da dire che l’entusiasmo e l’impegno dei componenti dei “Fuori di Testo” è davvero notevole, e dovrebbe rendere agevole la navigazione del gruppo, superando uno dei punti deboli di qualsiasi progetto in Second Life: la collaborazione e l’intesa tra i partecipanti.

Una prima serata a tema è già programmata per il 24 di luglio prossimo, e avrà come tema il turismo, con la denominazione di “Italiani con la valigia“. Sono già pronte le scenografie per la rappresentazione, ed una playlist musicale con brani famosi aventi come tema il turismo e i posti più interessanti nel mondo. Ad ogni membro del gruppo sono state assegnate le parti, e tutti sono intenti a studiarsi la loro, per una serata che si preannuncia davvero straordinaria.

Le riunioni del gruppo avvengono nella land de “La Civetta” dove i voice sono sempre aperti, e, se non ci sono riunioni in corso, chiunque è ben accetto per una chiacchierata tra amici, o per proporre idee per rappresentazioni da programmare. Li seguiremo con attenzione, e con grande piacere.

Bentornati “Fuori di Testo“, e in bocca al lupo!

Perchè è sbagliato parlare di “Metaverso”

L’hype creato intorno a questo termine, a partire dalla famosa presentazione di Mark Zuckerberg del 28 ottobre 2021, si è lentamente affievolito, lasciando però un notevole interesse verso le piattaforme virtuali, ma lasciandoci anche la mela avvelenata dell’utilizzo di questo termine improprio. Purtroppo, presi dall’entusiasmo, e con l’idea di sfruttare questo hype, anche i più avveduti critici ed esperti di tecnologia sono stati contagiati, persino quanti delle piattaforme virtuali avevano un’ampia esperienza. Si è carcato di cavalcare l’onda della notorietà di questo termine, ma si è fatto un danno notevole alla realtà delle cose, per quanto riguarda l’immagine di queste piattaforme.

Durante questo periodo di hype il termine è stato usato da chiunque e in modo approssimativo, dai crypto-speculatori, ai venditori di fuffa, dagli “influencer” un tanto al chilo a poco informati pseudo giornalisti, e chi più ne ha più ne metta. Si è venduto il nulla, e si è parlato di cose che non esistono, o, per quelle che esistono, senza capirle.

Perchè sono così radicale nel condannare l’uso di questo termine? Perchè ha fatto molti danni, e per diversi motivi, al futuro sviluppo dei Mondi Virtuali. Il rovescio della medaglia però, e va ampiamente riconosciuto, è che questo termine immaginifico, così come la presentazione fantasmagorica di Mark Zuckerber con Avatar e ologrammi danzanti negli uffici, ha risvegliato l’interesse del grande pubblico verso queste piattaforme, cosa che non si vedeva più dal lontano 2007, anno di boom di Second Life.

Dato questo riconoscimento, vediamo ora i danni a cui dobbiamo porre rimedio, per rendere più concreto e significativo l’impatto dei Mondi Virtuali sulla vita delle persone e sul business delle aziende.

  1. Il “Metaverso” non esiste. Se pensiamo a quello descritto da Neil Stephenson in Snow Crash, o anche all’idea che molta gente si è fatta, non esiste alcun ambiente virtuale unico e utilizzabile da tutti. Oggi esistono una molteplicità (più di duecento) di piattaforme di gestione dei Mondi Virtuali, ognuna con i suoi obiettivi, la sua governance e le sue regole. Per entrare in uno di questi Mondi Virtuali occorre avere un account specifico, diverso per ogni piattaforma, e i manufatti che vengono realizzati in-world non sono portabili dall’una all’altra.
  2. Stante le diverse piattaforme, non c’è alcuna possibilità di spostarsi dall’una all’altra, non esistono “teleport”, non esiste un account unico, non esiste ancora una “Identità” univoca dell’Avatar, nonostante la nascita del “Metaverse Standards Forum“, una organizzazione internazionale creata con lo scopo di favorire una collaborazione, abbia alimentato qualche speranza. Ed il futuro, molto probabilmente, continuerà ad essere questo, anche se una standardizzazione, almeno dei protocolli e degli standard (per la portabilità degli oggetti ad esempio), potrebbe favorire di molto la crescita di questo mercato. La concorrenza, e le rendite di posizione acquisite dalle piattaforme più diffuse, rendono molto difficile un futuro di apertura e di interoperabilità.
  3. Parlare di un qualcosa che non esiste rende vago e confuso il panorama del reale mercato, delle reali aziende che lavorano in questo settore. Fare di tutt’erba un fascio non aiuta a vedere con oggettività quale sia il reale stato del mercato. Si è portati a non scendere nel dettaglio delle singole piattaforme, per analizzarne pregi e difetti, e scegliere quale utilizzare, e quali caratteristiche ricercare per i propri progetti.
  4. Non avere idea delle diverse offering non aiuta neanche gli investitori, non aiuta chi deve decidere di spendere un budget per realizzare nuovi progetti, non rende “normale” un mercato che invece è molto concreto, pieno di prospettive e molto vivace. Non si rende giustizia alle aziende che ci lavorano. Insomma, un blog indistinto che offusca le reali potenzialità di questo mercato, e che non ne dà una immagine realistica.
  5. Parlare di un indistinto “Metaverso” non fa vedere neanche quello che c’è dietro dal punto di vista delle architetture. Non rende evidente, ad esempio, la differenza tra piattaforme con architettura decentralizzata e quelle che invece si basano su una gestione e una governance univoca. Non mette in evidenza pregi e difetti di queste architetture. E soprattutto, non consente di avere chiara e trasparente la differenza delle policies di sicurezza e di privacy.
  6. Dare l’idea di un “Metaverso” univoco è in sostanza un ostacolo allo sviluppo di questo mercato, e più si alimenta la confusione, più si scoraggiano gli investitori. Questo nuovo mercato ha invece bisogno di una visione di lungo termine, che renda accettabile il rischio dei nuovi investimenti, e che consenta la gestione di business plan realistici. Abbiamo detto che le normative non sono ancora completamente adeguate a questi nuovi sviluppi delle piattaforme virtuali, se poi si alimenta anche l’incertezza, o addirittura, se si confondono i Mondi Virtuali con quelli che sono i terreni delle scorribande dei crypto speculatori, allora il rischio è quello che, dissolto l’hype, resti poco di concreto su cui continuare a sviluppare queste piattaforme.

Il futuro dei Mondi Virtuali ha bisogno di avere un quadro più definito, con normative maggiormente adeguate, e con una fiducia crescente da parte degli investitori e delle aziende. E’ tempo quindi di lasciare da parte le fantasie e di parlare di progetti concreti, chiamando le cose con il proprio nome, e lasciando il termine “Metaverso” al suo posto, tra le fantasie letterarie di un autore di successo. E’ tempo di pensare ai progetti e alle applicazioni concrete, dando spazio alle tante aziende e ai tanti professionisti seri che lavorano in questo settore, scaricando il carro dai cryptospeculatori e dai venditori di fumo, che migreranno verso altri lidi lasciando spazio ai progetti e alle realizzazioni concrete.

Un saluto.

Nota: le immagini sono create con l’AI di MS-Copilot.

La “forma” dell’Avatar

Quante storie e quante fantasie si sono sviluppate, sia nei Mondi Virtuali che fuori, sul personaggio dell’Avatar… Certo, è il nostro alter ego virtuale, la nostra interfaccia nei Mondi Virtuali (e non solo), il mezzo di interazione verso gli altri alter ego virtuali, di altri utenti, amici, conoscenti, protagonisti dei vari “Metaversi“, ma è anche molto di più.

Proviamo a discuterne meglio, più in dettaglio e più da vicino. L’Avatar è l’elemento che contraddistingue l’esperienza immersiva, ed è attraverso di esso che possiamo vivere una sensazione di immersività in un ambiente virtuale. Non è una semplice interfaccia, è il modo in cui ci presentiamo agli altri nei Mondi Virtuali. E questa considerazione è talmente vera, che molti passano parte del loro tempo in-world a curare il loro Avatar, il “se stessi” virtuale. Ne definiscono la forma, le caratteristiche, il modo di vestire, i capelli, gli accessori, ecc. Nè più ne meno di quello che facciamo col nostro corpo fisico, nel presentarci agli altri nella vita reale di tutti i giorni. Il modo in cui definiamo il nostro Avatar, il noi stessi virtuale, esprime molto del nostro sentire rispetto alle esperienze che viviamo nei Mondi Virtuali. Ognuno ovviamente ha i suoi gusti, anche in relazione agli scopi e ai progetti che porta avanti nell’ambiante virtuale: dal lavoro ai giochi, dalle relazioni sociali all’education, e agli eventi di ogni genere. E per tale motivo, ci troviamo davanti a diverse tipologie di Avatar, da quelli realistici (fino ai “digital tweens“) a quelli fantasiosi e dalle forme più improbabili. La “forma” dell’Avatar fa parte del modo di vivere la presenza di ognuno nei Mondi Virtuali.

Avatar molto realistici in Second Life.

Un discorso particolare riguarda quanti utilizzano i Mondi Virtuali per motivi di lavoro, per svolgere meetings, per lavorare in gruppo, per sviluppare progetti, per fare formazione ecc. Che forma assume l’Avatar in questi casi? Anche qui valgono naturalmente i gusti personali, ma una cosa è certa: l’esperienza immersiva è sempre legata all’Avatar. E allora che senso ha usare un Mondo Virtuale per lavorarci se poi usiamo l’Avatar come “segnaposto”, piuttosto che dargli la forma corrispondente ai nostri gusti? Usare un Mondo Virtuale vuol dire fare parte di una esperienza di gruppo, di interazione con gli altri; vuol dire creare un “ambiente” comune, in cui incontrarsi e interagire, cosa che è impossibile fare con un tool di videoconferenza o di collaboration, come MS Teams o Zoom o Google Meet. Usare un Mondo Virtuale piuttosto che uno di questi tool ha senso se vogliamo vivere l’esperienza immersiva, e per fare questo l’Avatar è indispensabile, sempre secondo i propri gusti e le nostre fantasie. Ricordiamo tutti il bel video di presentazione del “Metaverso“, con Mark Zucherberg che interagiva con un team di collaboratori rappresentato in-world da avatar di diversa forma e caratteristiche. Un esempio molto calzante.

La presentazione di Mark Zuckerberg del 28 ottobre 2021.

Ho sempre scherzato sul fatto che alcune piattaforme, come la vecchia AlterSpace, e come l’attuale Horizon di Meta, utilizzassero gli Avatar senza la parte inferiore del corpo. Certo è una scelta tecnica, perchè elimina parte dei dati necessari a identificare l’Avatar e rende più semplice il rendering dell’immagine, fa guadagnare spazio di archiviazione e tempi di visualizzazione (lag), ma è una scelta penalizzante per quanto riguarda la creazione dell’esperienza immersiva, che poi è esattamente lo scopo principale per cui vengono utilizzati i Mondi Virtuali. Vale naturalmente la regola dell’ “ognuno faccia come gli pare” per la costruzione dell’Avatar, ma dobbiamo rilevare che usare un “segnaposto” per vivere i Mondi Virtuali è una contraddizione in termini.

Un avatar molto caratteristico in Second Life.

In fondo, la possibilità di creare un Avatar suggestivo, realizzato secondo le nostre fantasie, è uno dei motivi principali per cui si frequenta un Mondo Virtuale, è un modo per far viaggiare la fantasia, l’immaginario di gruppo con i vari Giochi di Ruolo, le esperienze sociali che si vivono in comunità. Questo rende la “forma” dell’Avatar così speciale, almeno per quelli che sanno cosa voglia dire “vivere” in un Mondo Virtuale, per quei pochi minuti, o per quelle poche ore che ci sono concesse dallo stress della vita quotidiana, e dagli impegni di lavoro. L’Avatar rappresenta tutto questo, e molto altro, dal punto di vista ludico o di lavoro che sia.

Un saluto.

La “personalità” dell’Avatar

Sul ruolo e sul significato che attribuiamo al nostro Avatar nei Mondi Virtuali sono state scritte migliaia di pagine, e di questo nostro alter ego se ne discute ogni giorno, sia in rete sia su ben documentati saggi e lavori di ricerca in giro per il mondo. Molte sono le interpretazioni che se ne danno, alcune comuni a tutti, altre davvero fantasiose e immaginarie.

E’ del tutto evidente che l’Avatar non è solamente un logo o una interfaccia digitale che utilizziamo in rete, non nei Mondi Virtuali, almeno. Perchè un Mondo Virtuale non è un sito web, è un “luogo” vero, in cui la figura dell’Avatar è indispensabile per interagire con gli altri, e rappresenta una personificazione di noi stessi, non importa che sia del tutto digitale (come del resto lo è un Mondo Virtuale), è un personaggio con cui ci identifichiamo pienamente nel nostro vagabondare in-world.

Il modo in cui un Avatar viene realizzato varia moltissimo, a seconda dei desideri e degli scopi che il suo “utente” vuole realizzare: dalle figure realistiche, alle creature fantastiche, e fino ai veri e propri “digital tweens”, copie fedeli di noi stessi. E’ una figura che rappresenta gusti e scopi personali, ed è creata seguendo l’idea di se stessi che si intende dare nei Mondi Virtuali. E’ una espressione della modalità con cui vogliamo presentarci in un Mondo Virtuale, che sia del tutto anonima, o che sia un nostro corrispondente alter ego digitale, con tanto di tag identificativa, per ragioni di business o di riconoscibilità professionale.

Ogni forma ed ogni modo di presentarsi è legittima, avendo unicamente la regola del corretto comportamento e del rispetto delle leggi. Nei Mondi Virtuali, infatti, valgono tutte le leggi del mondo fisico, secondo le diverse giurisdizioni nazionali e le regole e le convenzioni internazionali. L’anonimato è molto difficile da mantenere, a meno di non usare precauzioni e metodologie che consentano la non identificazione assoluta dell’utente, cosa possibile e a volte necessaria, per difendere l’incolumità stessa della persona fisica (pensiamo ai regimi non liberali, ai giornalisti sotto copertura, alle forze dell’ordine in servizio, ecc.).

Tante sono le discussioni in corso tra gli esperti della rete e della cybersecurity su questi temi, ma fondamentale è il rispetto della privacy e della riservatezza e conservazione dei dati da parte delle piattaforme che gestiscono i Mondi Virtuali. Il modello più avanzato di tutela della privacy è rappresentato dal GDPR (General Data Protection Regulation) europeo, 2016/679. Questo strumento regolatorio è preso come riferimento da tutto il mondo, e costituisce ormai una pietra miliare nella regolamentazione dei diritti legati alla protezione dei dati. Negli USA non esiste una normativa come questa a livello nazionale, essendo ogni stato libero di legiferare in materia. Lo stato della California, ad esempio, così come il Canada e l’Australia, hanno adottato una regolamentazione mutuata dal GDPR europeo. Questa frammentazione ha reso in passato complicato l’applicazione dei diritti dei cittadini europei sulle piattaforme basate negli USA, anche a motivo di uno specifico “Executive Order” vigente negli USA, che consente alle autorità di sicurezza di accedere a qualsiasi dato per scopi di sicurezza nazionale. Sono stati fatti, di recente, molti passi in avanti con accordi specifici tra USA e UE in questo senso, migliorando di molto questo aspetto, e rendendo più agevole la comune difesa dei dati e della privacy.

Ho voluto sottolineare questa problematica perchè la maggior parte delle piattaforme che gestiscono i Mondi Virtuali sono basate negli USA, anche se la localizzazione dei Data Centers è sparsa per il mondo, secondo anche un principio di “Edge Computing”, di vicinanza. E’ quindi fondamentale conoscere queste tutele, in relazione al diritto alla privacy dell’Avatar. Ad oggi ogni piattaforma di gestione dei Mondi Virtuali ha proprie procedure di autenticazione e autorizzazione all’accesso, avendo account e modalità di gestione proprie. Non esiste alcuna interoperabilità tra i Mondi Virtuali, anche se, in futuro, sarebbe del tutto auspicabile poter disporre di una “Identità” univoca dell’Avatar, per consentire l’accesso alle diverse piattaforme utilizzando la stessa “identità”, tipo lo SPID italiano, per intendersi. Questa modalità richiederà però una evoluzione della giurisdizione, anche a livello internazionale, ed ancora non ci siamo arrivati.

Tornando all’Avatar, e alle modalità con cui esso viene riconosciuto in-world, è evidente che, al di là dell’Aspetto (umano, fantasioso, furry, ecc.) e delle attività svolte, l’Avatar è pienamente la nostra manifestazione digitale, siamo noi stessi, non esiste alcuna forma di “personificazione” dell’Avatar indipendente dall’individuo che lo ha creato. Possono cambiare i comportamenti, in relazione alle attività svolte e alle modalità in cui si vuole essere riconosciuti nel Mondo Virtuale, ma sempre noi stessi siamo, con la nostra mentalità, la nostra cultura, ed i preconcetti che abbiamo. Ho sentito in passato, e ancora sento oggi, fantasiose elucubrazioni sulla “personalità avatariana”, che possono avere senso se la intendiamo nel modo che abbiamo qui discusso, ma che sono del tutto immaginifiche se si vuole sostenere una forma di “indipendenza” dell’Avatar dalla persona fisica che lo gestisce. Naturalmente, il diritto a esprimere ogni opinione è sacro, ma sempre tenendo a mente l’ammonizione di Umberto Eco: che la rete ha dato libero diritto di espressione a chiunque, dal premio Nobel allo scemo del villaggio, e sta a noi distinguere l’uno dall’altro. E questo vale anche in relazione alla pletora di fake news che circolano in rete, su qualsiasi argomento.

La rete è, come sappiamo, un ambiente complesso, e bisogna imparare a gestirlo e a difendersi dalle minacce di ogni tipo, da quelle digitali, a quelle psicologiche, a quelle legate alla privacy e ai diritti. E’ una lotta continua tra guardie e ladri insomma, ma quello che rende questo mondo così attrattivo e pieno di opportunità è la possibilità di interazione con gli altri. Dobbiamo però avere la capacità di difenderci e di svolgere in libertà le nostre attività, in particolare nei Mondi Virtuali, perchè questi realizzano un ambiente di vita vero e proprio, con tutte le caratteristiche e le forme che possono assumere, così come i mondi fisici. Quello che dobbiamo curare è insomma la nostra “awareness“, la nostra consapevolezza, e il modo in cui viviamo e facciamo evolvere la nostra presenza in rete. L’Avatar, per i Mondi Virtuali, è la figura chiave di questa presenza, e dobbiamo valutarlo e farlo vivere nella giusta prospettiva, sia per noi stessi sia per le altre persone con cui interagiamo. Nel rispetto dei diritti e della personalità di chiunque.

Un saluto.

Nota: Le immagini sono state create con l’AI Microsoft Copilot, su mio prompt.

Le iniziative della Linden Lab per una migliore tutela dei minori.

Il 2 maggio scorso un secondo, importante, comunicato è stato rilasciato dalla Linden Lab sul tema del miglioramenti dei processi e delle procedure operative rivolte ad una migliore gestione e tutela dei minori, e alla condotta verso gli utenti di quanti rappresentano o dipendono dall’azienda:

https://community.secondlife.com/blogs/entry/15531-enhancing-our-world-together-important-updates-for-the-second-life-community/

Questo secondo comunicato, sempre a firma di Oberwolf Linden (aka Brad Oberwager) il CEO della Linden Lab, fornisce diverse informazioni sull’argomento, oltre che un aggiornamento sullo sviluppo (ormai leggendario) della versione mobile del viewer di Second Life:

  1. Si sta lavorando ad un miglioramento del processo di verifica dell’età degli utenti.
  2. Si sta aggiornando la politica dell’azienda sugli avatar infantili per “garantire e salvaguardare tutti i membri della comunità”
  3. Si è preparato un elenco di FAQ per spiegare bene questo passaggio, che potrebbe dare adito a discussioni e proeoccupazioni.
  4. L’indagine interna sulla condotta di personale dipendente o subappaltato della Linden Lab ha portato alla conclusione che tutti hanno rispettato le linee guida della comunità, anche quelle di tipo etico e non scritte.
  5. Si stanno aggiornando le politiche interne per migliorare gli standard di comportamento dei dipendenti verso i membri della comunità.

Tutti punti chiari, che si fanno carico di molti miglioramenti da apportare. Allo stesso tempo, il punto (4) smentisce nettamente tutte le illazioni e le dichiarazioni contenute in un recente articolo, a firma di “Robert Bartos”, su presunti comportamenti illeciti da parte di personale collegato all’azienda.

Dobbiamo naturalmente dare credito e fiducia a quanto dichiarato da Oberwolf Linden, e restare in attesa degli ulteriori sviluppi di queste iniziative. Tuttavia, a distanza di più di due mesi da quell’articolo, siamo ancora agli annunci, e non si vedono ancora i risultati concreti di queste iniziative. Sarebbe quindi auspicabile una maggior celerità nell’affrontare temi tanto sensibili e critici, per tutta la comunità di questo Mondo Virtuale, dando una chiara evidenza e opportuna pubblicità ai risultati.

Crediamo però che il tema degli avatar rappresentanti minori, o bambini, debba però essere affrontato in maniera molto netta, e diremmo drastica:

GLI AVATAR BAMBINI DOVREBBERO ESSERE VIETATI IN SECOND LIFE

Ci rendiamo conto che questo implicherebbe conseguenze di vario tipo: commerciale, per i produttori di accessori e oggetti, e anche operativo, per quanti utilizzano in buona fede, anche nell’ambito di attività di role playing, certi tipi di avatar. Ma il tema è troppo sensibile per non farsene pienamente carico.

L’utilizzo degli avatar bambini, per attività legate a programmi di education da parte di scuole o altre organizzazioni, che prevedano l’ingresso in Second Life di minori, dovrebbe essere rigidamente normato, identificando in modo evidente a tutti questa tipologia di avatar, preventivamente autorizzata, usando specifici modelli di avatar messi a disposizione dalla piattaforma in fase di registrazione di questi account.

Andrebbero poi rese pubbliche le norme di comportamento, ed il “codice etico” dell’azienda, per il comportamento dei dipendenti verso la comunità.

Un provvedimento adeguato alla migliore gestione delle problematiche legate ai minori potrebbe poi essere l’istituzione di una speciale categoria di Report Abuse, del tipo “CODICE ROSSO“, che molte legislazioni, compresa quella italiana, utilizzano nel caso di violenza a donne e soggetti deboli. Questo tipo speciale di report abuse dovrebbe essere trattato in maniera immediata e prioritaria, dando una risposta entro, ad esempio, al massimo 6 ore, da parte dell’azienda.

Sono proposte che, se adottate, darebbero una chiara evidenza di come l’azienda intende gestire questi temi così sensibili, e sarebbe anche un atto coraggioso e rassicurante adottarli da parte della Linden Lab. Per quanto ci riguarda, sono proposte che facciamo con assoluta fiducia nel management dell’azienda, ma che, evidentemente, sono per noi di fondamentale importanza. Perchè l’intera comunità di Second Life attende risposte concrete, oltre gli annunci.

Un saluto.